I boschi ripariali. Ecologia e botanica.

Lo straordinario mondo dei boschi ripariali

 

Il selvaggio fiume Tirino – Foto Colazilli

 

Uno studio condotto dai ricercatori del Dipartimento di Ecologia dell’Università di Madrid, corredato da sondaggio, ha rivelato che i cittadini, quando scelgono ambienti naturali a scopo ricreativo o turistico, manifestano una netta preferenza per i paesaggi caratterizzati dal binomio acqua e bosco. Cercano, quindi, ambienti dove la vegetazione è ricca, ben sviluppata, dominata da alberi e vicina ad acque pulite e trasparenti, meglio se correnti.

Il risultato della ricerca non è inatteso. La fitofilìa e l’idrofilìa da parte degli uomini, soprattutto se si tratta di abitanti delle città, sono quasi scontate. L’arte e la letteratura, da molti secoli, propongono come ambienti idilliaci per i comuni mortali quelli dove la vegetazione è ricca e le acque scorrono abbondanti e libere. Ciascuno di noi può cercare immagini e parole per confermare questa opinione. Mi vengono qui in mente i versi della fuga di Angelica nell’Orlando Furioso: dove troverà pace e potrà fermarsi la bella Angelica? L’Ariosto sceglie per lei

un boschetto adorno,

che lievemente la fresca aura muove.

Duo chiari rivi, mormorando intorno,

sempre l’erbe vi fan tenere e nuove;

e rendea ad ascoltar dolce concerto

rotto tra picciol sassi, il correr lento.

Senza dubbio le comunità ripariali arboreo-arbustive costituiscono una delle componenti paesaggistiche, oltre che funzionali, più interessanti dell’ambiente fluviale. In particolare, il mondo dei Salici (genere Salix, famiglia Salicaceae), sul quale adesso ci soffermiamo, include alberi, arbusti e suffrutici, i cui individui portano fiori, molto piccoli, privi di petali e riuniti in infiorescenze spiciformi generalmente pendule, gli amenti. Sono specie dioiche, cioè i fiori dei due sessi sono portati da individui distinti. Il genere è diffuso in Europa, Asia e Nordamerica con circa 300 specie. Per l’Italia vengono citate, da alcuni autori, fino a 70 entità tra specie, sottospecie ed ibridi. In Abruzzo sono note, tra specie e sottospecie, una quarantina di entità spontanee.

 

Salice coricato sulle sorgenti del Cavuto nella Riserva delle Gole del Sagittario (AQ) – Foto Colazilli

 

Dal punto di vista sistematico, il genere Salix è, quindi, molto complesso, oltre che per l’elevato numero di specie, anche per la difficoltà di distinguerle a causa dei pochi caratteri diagnostici e per la frequenza con cui si ibridano. Sembra che il nome generico Salix derivi dal latino, con il significato di “salire”, in rapporto alla crescita rapida dei Salici, oppure dal sanscrito saras, acqua, con riferimento al loro habitat. Anche se non in modo rigido, e quindi con le dovute eccezioni, è possibile distinguere i Salici in due gruppi, sulla base delle loro preferenze edafiche. Un primo gruppo comprende le specie legate ai corsi d’acqua, ad es. il Salice bianco (S. alba) e il Salice ripaiolo (S. eleagnos), mentre in un secondo gruppo si possono riunire le specie dei suoli non alluvionali e più compatti, adattate a condizioni di minore umidità del suolo, come accade, ad esempio, alle specie che vivono in ambiente forestale o di prateria: ne sono esempi il Salicone (S. caprea), che vive nelle boscaglie ai margini dei boschi freschi, e il Salice retuso (S. retusa), piccolo cespuglio dal portamento strisciante legato ai suoli nivali delle aree altomontane.

Le specie del primo gruppo, che sono anche le più frequenti e facili da osservare, si insediano ai bordi dei corpi idrici, soprattutto lungo dei rive dei fiumi, dove occupano spazi ecologici in dipendenza dell’acclività dell’alveo, responsabile a sua volta della velocità dell’acqua e del tipo di substrato. I Salici sono piante pioniere, fortemente colonizzatrici, generalmente eliofile ed igrofile. La loro capacità di propagarsi  per talea e per polloni radicali è molto alta e tale caratteristica li rende preziosi nei lavori di rinaturalizzazione di fronti di cava, frane, scarpate e sponde di corsi d’acqua mediante la costruzione di graticciate vive. La specie più comune e conosciuta è il Salice bianco (Salix alba), pianta a rapido accrescimento, spesso coltivata per la produzione di vimini (i rami sottili, flessibili e resistenti raccolti dagli esemplari capitozzati), ottimi per intrecciare canestri e altri contenitori.

Il legno tenero, poco durevole, non si presta ad un uso industriale ma, morbido ed omogeneo com’è, può essere tagliato in ogni direzione, scolpito, usato per confezionare giocattoli e piccoli oggetti, fare imballaggi per frutta secca e per produrre pasta di cellulosa. Sono di Salice i caratteristici zoccoli olandesi e lo erano anche quelli calzati dai protagonisti del celebre film “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi. La corteccia ha proprietà febbrifughe e antireumatiche; l’infuso degli amenti è  calmante e tonico del sistema nervoso. In Abruzzo con i rami di Salice i pastori intrecciavano i loro giacigli e i canestri per la preparazione del formaggio e della ricotta (“fuscelle”) e con la corteccia fabbricavano le canne delle zampogne e gli zufoli.

I Salici sono importanti, oltre che per gli usi tradizionali, soprattutto per il loro ruolo nell’ecologia e nella dinamica fluviale.  Sono infatti adattati a vivere in condizioni di continue variazioni del livello delle acque: sopportano sia i periodi di magra prolungata, attraverso l’esteso e profondo apparato radicale, sia i periodi di piena, con il potente ancoraggio offerto dalle radici e con la flessibilità ed elasticità dei rami. Inoltre, con l’intrico della loro vegetazione, favoriscono la deposizione di sabbie e limi, preparando il terreno all’impianto di cenosi forestali più mature e, quindi, svolgono la fondamentale funzione di difesa e di consolidamento delle rive fluviali.

   

Salici e boschi ripariali nella Riserva delle Sorgenti del Pescara (PE) – Foto Colazilli

 

Salici  vetusti  nella splendida Val Fondillo nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise – Foto Colazilli

 

Si ricorda infine che:

-costituiscono un anello di unione tra l’ambiente acquatico e quello terrestre circostante;

-agiscono come “zona filtro” tra l’ambiente terrestre ed il corso d’acqua per polveri, concimi, pesticidi ecc.;

-condizionano favorevolmente il microclima, creando ombra, modificando l’intensità luminosa, attenuando l’escursione termica diurna e stagionale, proteggendo dal vento ed aumentando l’umidità;

-arricchiscono la varietà dei microambienti acquatici, creando nicchie ecologiche, anche attraverso la deposizione di materiale detritico;

-favoriscono la varietà della fauna fluviale aumentando le disponibilità alimentari con l’apporto di foglie ed altri frammenti vegetali;

-creano gli ambienti per ospitare animali e piante ed offrono possibilità di riparo e luoghi di riproduzione per diversi animali;

-aumentano la varietà paesaggistica.

Se si estende l’orizzonte a tutta la vegetazione ripariale arboreo-arbustiva dei corsi d’acqua, ci si rende conto che si tratta di un complesso di comunità vegetali che, oltre alle  boscaglie di Salici, comprende  boschi di Pioppi, Frassino meridionale, Olmo campestre e Ontano nero. Più sporadiche, e limitate all’Italia meridionale e alla Sicilia, sono le  boscaglie di Platano orientale. Boschi e boscaglie igrofili sono ancora piuttosto frequenti lungo i corsi d’acqua, anche se spesso si tratta di cenosi molto degradate e, a volte, ridotte a sparuti nuclei quando non si tratta di semplici filari di alberi lungo le sponde. Tali comunità si dispongono in fasce parallele al corso d’acqua, a partire dal limite esterno dell’alveo di morbida. In sintesi, nell’Italia peninsulare e con particolare riferimento al corso planiziale, su substrati prevalentemente limoso-sabbiosi, la fascia più interna è formata da saliceti arbustivi, con Salice da ceste (Salix triandra), Salice bianco (S. alba) e a volte anche Salice rosso (Salix purpurea). In Abruzzo questi saliceti sono osservabili in quasi tutti i corsi d’acqua, anche se, purtroppo, spesso con esigue fitocenosi a causa della degradazione dell’ambiente fluviale. Bei saliceti a Salice rosso sono comunque presenti, ad esempio, lungo i fossi degli Altopiani Maggiori. Più raro è il Salice cinereo (S. cinerea); interessanti comunità di questa specie sono presenti, in Abruzzo, lungo il fiume Tirino, uno dei pochi fiumi con acque pulite e con una ricca vegetazione erbacea sommersa.

Ai saliceti arbustivi segue una fascia con salici arborei dominati dal Salice bianco. E’ il primo, vero bosco di Salici, il più diffuso lungo il corso medio-basso dei fiumi  e presente anche in altri ambienti umidi. Nella sua compagine sono frequenti il Pioppo nero (Populus nigra) e i Pioppi ibridi ampiamente utilizzati in pioppicoltura e naturalizzati, ottenuti tra il nostrano Pioppo nero e il nordamericano Populus deltoides e indicati genericamente, in modo convenzionale, come Populus x canadensis.

 

Selvaggia vegetazione ripariale nella Riserva delle Gole del Sagittario (AQ)

 

Con la fascia a questa esterna la vegetazione assume caratteristiche più propriamente forestali, con i pioppeti a Pioppo bianco (Populus alba), i frassineti a Frassino meridionale (Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa) e le ontanete a Ontano nero (Alnus glutinosa). Un’altra cenosi forestale poco frequente è quella caratterizzata dalla dominanza dell’Olmo campestre (Ulmus minor subsp. minor).  Il pioppeto, il frassineto e l’olmeto preludono ecologicamente ai boschi delle pianure alluvionali con Farnia (Quercus robur subsp. robur) e Carpino bianco (Carpinus betulus).

Un altro gruppo di fitocenosi è quello dei boschi e boscaglie paludose, tipiche della aree allagate, come le comunità a dominanza di Ontano nero e di Salice cinereo. Bellissimi nuclei di ontaneta, con sottobosco tappezzato da grandi Carici, sono quelli della Valle Peligna e di alcuni segmenti del fiume Sangro.

I boschi igrofili, in particolare quelli a Ontano nero, a Frassino meridionale e a Farnia, si osservano anche negli ambienti umidi costieri: esemplari sono, ad esempio, quelli del Parco Nazionale del Circeo. Un piccolo ma significativo esempio di ontaneta costiera, unica in Abruzzo, è quella insediata tra le foci del Foro e dell’Arielli, ascritta ad una particolare associazione vegetale caratterizzata dalla presenza dell’Alloro (Laurus nobilis).

Nel tratto collinare dei corsi d’acqua, su suoli alluvionali prevalentemente limoso-sabbiosi ma anche ghiaiosi, vi è dominanza del Salice rosso (Salix purpurea) e del Salice ripaiolo (S. eleagnos), cui si associa spesso il Salice dell’Appennino (S. apennina); quest’ultimo è subendemico italico, presente dal Canton Ticino alla Sicilia. Inoltre, il Salice dell’Appennino forma compatti nuclei lungo le sponde di laghetti, stagni e pozze d’acqua, spesso con esemplari di notevoli dimensioni, come accade in varie località della fascia pedemontana, flyschoide, del Gran Sasso e della Laga, oltre che di alcune località dell’Abruzzo meridionale. Un bell’esempio è quello del Lago Battista, sui Monti Pizzi nel Parco Nazionale della Majella, dove il saliceto fa da cornice alla vegetazione acquatica con Brasca comune (Potamogeton natans) e Erba-vescica (Utricularia australis), quest’ultima nota in Abruzzo solo per tale località.

 

Splendidi salici monumentali lungo le sponde del lago di Villetta Barrea nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise – Foto Colazilli.

 

Nel tratto montano, infine, su suoli prevalentemente sabbioso-ghiaiosi,  con presenza di sassi e massi di varie dimensioni, assume una sempre maggiore importanza Salix eleagnos, che nei segmenti di alveo a morfologia più tormentata diventa quasi esclusivo, come nel caso dei torrenti  lungo il versante orientale del Gran Sasso, dove ad esempio, tra i grandi massi della ripida incisione di Fonte dei Signori, gli esemplari del Salice ripaiolo sono gli unici a contrastare la veloce corrente delle acque che nei periodi di piena invadono l’alveo.  Un’altra specie montana di grande interesse è il Salice fetido (Salix foetida), dalle belle foglie verde-scuro e lucenti, endemico delle Alpi e sugli Appennini noto solo per i Monti della Laga, dove forma compatte comunità arbustive lungo i fossi ed i torrenti.

Negli impluvi della fascia collinare, a volte in contesti calanchivi, si afferma una boscaglia meso-igrofila di Olmo minore (Ulmus minor subsp. minor). Si tratta di nuclei molto comuni, che però rivestono un ruolo di primo piano sia per la difesa idrogeologica dei suoli instabili sia per l’indiscutibile contributo paesaggistico che offrono a contrade spesso prive di vegetazione arborea e arbustiva.

 

Splendido esemplare di Pioppo monumentale sulle sponde del Lago di Villetta Barrea nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise – Foto Colazilli

 

Un mondo, quello degli alberi e degli arbusti ripariali, non sempre conosciuto come meriterebbe. Un mondo prezioso, troppo spesso devastato dall’uomo con progetti di regimazione dei corsi d’acqua, con opere di rettilineizzazione dell’asta fluviale, di cementificazione delle sponde e di urbanizzazione delle golene, interventi che comportano l’eliminazione di ogni forma di vita vegetale e animale sono, purtroppo, anche la causa di gravi eventi, spesso luttuosi, che non avverrebbero se venissero rispettati gli spazi che la natura riserva alle naturali esondazioni.

E’ indispensabile l’affermazione di una cultura rispettosa dei fiumi, di tutta la vita che vi prospera e delle presenze più incisive, tra le quali i saliceti, con tutta la sequenza topografica delle comunità arboreo-arbustive ripariali, svolgono un ruolo di primo piano, sia nel divenire degli ecosistemi che nel disegno identitario dei paesaggi regionali.

 

Prof. Gianfranco Pirone. Già Professore Ordinario di Geobotanica ed Ecologia Vegetale presso l’Università dell’Aquila

Articolo pubblicato in “Fratello Albero” n.2 del 2015

 

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