Le garighe: una sinfonia di colori e di profumi

Le garighe: una sinfonia di colori e di profumi

 

“L’alba viene: sul poggio alta rameggia
la selva e tra le stelle dorme ancora:
croscia la guazza e il bruno suol ne odora;
del timo odora e della santoreggia . . .”

Giovanni Pascoli (Alba)

 

 

Per gli escursionisti, i boschi ed i pascoli sono indubbiamente le forme di vegetazione più familiari. Vi sono però, dalla costa alla montagna, comunità vegetali che, pur essendo molto diffuse, sono poco conosciute. Si tratta delle garighe. Queste particolari forme di vegetazione meritano la nostra attenzione per il loro particolare significato ecologico e dinamico, oltre che per la loro indubbia bellezza. Camminare in una gariga a primavera è un’esperienza esaltante, immersi in un mare di colori e profumi.

 “Gariga” è voce provenzale che significa “terra incolta”. La sua etimologia va ricercata nel nome che in lingua d’oc (il provenzale antico) viene attribuito alla Quercia spinosa. In senso originario, quindi, la gariga sarebbe “una terra incolta con cespugli di Quercia spinosa”. Nella letteratura scientifica il termine è stato poi generalizzato ed indica i cespuglieti bassi e discontinui, spesso pulvinati, su suolo per lo più roccioso, detritico o sabbioso. Nel paesaggio mediterraneo sono molto comuni i mosaici formati da vegetazione di gariga, di pascolo arido e di macchia.

La gariga costituisce generalmente una formazione secondaria, derivante cioè dalla degradazione assai spinta del bosco o della macchia. É  caratterizzata da associazioni e da stadi molto ricchi di specie resistenti all’aridità, alla luce intensa ed alle temperature elevate, piante che non appaiono in genere nella macchia o nella foresta. Vi sono  anche garighe primarie, cioè che non evolvono verso comunità vegetali più evolute, come il bosco, e che si affermano nelle stazioni in cui i fattori limitanti (acclività, substrato, ecc.) non permettono l’evoluzione verso cenosi strutturalmente più complesse: queste garighe sono legate soprattutto agli habitat costieri, ma sono presenti, con aspetti del tutto peculiari, anche nella fascia altomontana.

 

Gariga con Euforbia spinosa e Santoreggia montana (G. Pirone)

 

Nella Penisola Balcanica alla gariga si dà il nome di “frigana”, da friganon, antico nome greco con il quale veniva denominata una categoria di vegetazione cespugliosa. Nella Penisola Iberica queste comunità prendono il nome di “tomillares”, dallo spagnolo tomillo = timo, pianta comune nella gariga.

Le garighe sono ricche di piante aromatiche, appartenenti soprattutto alla famiglia delle Lamiacee, come il Rosmarino, le Santoregge, le Lavande, le Salvie ed i Timi. Ad impreziosirle vi sono, poi, anche tante piccole orchidee. Se la fisionomia è più o meno uniforme perché dominata in modo preponderante da piccoli cespugli (ma in genere sono presenti, subordinatamente, anche piante erbacee, soprattutto annuali), multiforme è invece la gamma di combinazioni floristiche, in funzione soprattutto del gradiente altitudinale e, quindi, climatico, oltre che in relazione al tipo di substrato. Le garighe più tipiche sono quelle mediterranee, ma varie forme di questa vegetazione sono molto diffuse anche in ambiente submediterraneo e montano.

Gariga a Salvione giallo sui versanti dei monti del Fucino (G. Pirone)

 

Presenti in tutto l’Appennino, spesso caratterizzano la fisionomia del paesaggio vegetale nelle zone private della originaria copertura forestale, dove occupano le stazioni a più elevata rocciosità e pietrosità lungo i pendii con esposizioni generalmente meridionali e sono compenetrate, formando, come accennato, dei mosaici a piccole “tessere” con gli arbusteti ed i pascoli aridi. Le più tipiche, alle quali si fa qui riferimento, sono quelle dei substrati calcarei, ma non mancano comunità di gariga su substrati terrigeni (arenarie, argille, marne, ecc.).

Limitandoci in questa sede alle garighe del territorio abruzzese, scarsa è attualmente la presenza di garighe costiere, localizzate qua e là sui substrati arenaceo-conglomeratici del segmento della provincia di Chieti e caratterizzate principalmente dal Cisto di Creta (Cistus creticus subsp. creticus), dalla Fumana vischiosa (Fumana thymifolia) e dall’Elicriso d’Italia (Helichrysum italicum subsp. italicum). Lungo la falesia di Vasto a Punta Vignola è presente anche un lembo di gariga con il raro Scuderi (Phagnalon rupestre subsp. rupestre), una graziosa Asteracea distribuita nel Mediterraneo sud-occidentale. Lungo i valloni subcostieri del chietino, infine, si sono affermati alcuni nuclei di gariga caratterizzati dai rari Cisto di Montpellier (Cistus monspeliensis) e Sparzio infesto (Cytisus infestus subsp. infestus = Calicotome infesta).

Ben rappresentate sono invece le garighe collinari-submontane, insediate su litotipi carbonatici. La loro fisionomia è conferita, in particolare, dalla Santoreggia montana (Satureja montana subsp. montana), una profumatissima Lamiacea, spesso dominante, e poi dalla tappezzante Globularia meridionale (Globularia meridionalis), dagli eleganti Eliantemi (Helianthemum oelandicum subsp. incanum ed H. apenninum subsp. apenninum), dall’Euforbia spinosa (Euphorbia spinosa), dal frugale Citiso spinoso (Cytisus spinescens), e ancora dalle Fumane (Fumana procumbens e F. thymifolia), dal Timo striato (Thymus striatus), dall’Issopo (Hyssopus officinalis subsp. aristatus), dalla Ruta (Ruta graveolens) e dall’Euforbia di Nizza (Euphorbia nicaeensis subsp. nicaeensis).

 

Ginestra aquilana (G. Pirone)

 

Peculiari tipologie di gariga sono quelle dominate dalla Salvia domestica (Salvia officinalis), presente nella Marsica (e in particolare sul Monte Salviano), sul Morrone, nella Val Roveto e nel territorio di Molina Aterno; dal vistoso Salvione giallo (Phlomis fruticosa) nella Marsica; dall’Efedra nebrodense (Ephedra major subsp. major), antica Efedracea (un vero e proprio “fossile vinente”) tipica delle gole rupestri, dal Fiordaliso di Scanno (Centaurea scannensis), grazioso endemismo puntiforme della Gola del Sagittario, dal Citiso sdraiato (Cytisus decumbens) dell’Altopiano delle Roccche, dalla rarissima Ginestra aquilana (Genista pulchella subsp. aquilana), endemismo esclusivo del versante aquilano del Gran Sasso.

 

Santoreggia montana (G. Pirone)

 

Nelle conche intermontane non sono rari gli aspetti con Bosso (Buxus sempervirens), che sottolineano un carattere meno xerico e più evoluto rispetto alla gariga classica.

Quando, come accade soprattutto nella regione mediterranea da tempi immemorabili, si brucia la macchia o il sottobosco della lecceta per aumentare la superficie del pascolo, si sviluppa un cespuglieto dominato dai Cisti, che rivestono spesso vaste superfici. Si tratta di piante che resistono al fuoco e, anzi, da questo sono favorite: infatti le loro parti sotterranee non bruciano e i semi vengono “attivati” dal passaggio del fuoco. A primavera, quando i Cisti si ricoprono di fiori bianchi, rosa o rossastri (a seconda delle specie), ci regalano uno dei più spettacolari scenari della vegetazione mediterranea.

 

Cisto di Creta (G. PIrone)

 

Un cenno meritano anche le garighe altomontane, anch’esse legate ai suoli primitivi ricchi di scheletro, in siti dove la copertura nevosa è poco costante (espluvi, creste, ecc.) e il crio-termo-clastismo è intenso. Nella loro compagine le specie più frequenti, che dominano anche la fisionomia, sono l’Eliantemo alpino (Helianthemum oelandicum subsp. alpestre), la Campanula graminifolia (Edraianthus graminifolius subsp. graminifolius), il Timo precoce (Thymus praecox subsp. polytrichus), la Piantaggine a foglie carenate (Plantago subulata), l’Astragalo spinoso (Astragalus sempervirens) e la Peverina tomentosa (Cerastium tomentosum).

 

Efedra nebrodense (G. Pirone)

 

Da una visita alla gariga non si torna mai a mani vuote, perchè è sempre possibile raccogliere un mazzetto di Santoreggia, di Timo o di Salvia, da utilizzare in cucina per aromatizzare gustose pietanze.

 

Prof. Gianfranco Pirone – Botanico

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