Linneo: la “rivoluzione” del “Principe dei botanici”

Linneo: la “rivoluzione” del “Principe dei botanici”

 

 

Carlo Linneo in un dipinto di Alexander Roslin del 1775

 

Nomina si nescit, perit et cognitio rerum

(“Se non conosci il nome, muore anche la conoscenza delle cose”)

E’ il celebre aforisma del grande scienziato, medico, botanico e naturalista Carl Nilsson Linnaeus, in italiano Carlo Linneo,  nato nel 1707 nella provincia svedese di Småland e morto a Uppsala nel 1778.

Linneo è famoso perché è universalmente considerato il padre della classificazione scientifica moderna e della nomenclatura binomiale degli organismi viventi. Ne parliamo perché le sue intuizioni e le sue opere rappresentano uno dei capitoli più importanti nella storia della biologia.

Fervente naturalista, agli studi della scientia amabilis, ai quali si era dedicato fin dalla giovane età, fu avviato dal padre, i cui interessi verso la botanica erano tanto radicati da adottare come cognome “Linnaeus“, latinizzazione della parola dialettale di lingua germanica lind, che significa “tiglio”: il grande albero cresciuto nei pressi della sua casa.

 

Il giovane Linneo in un ritratto con la sua Linnaea borealis

 

Destinato, come il padre, alla carriera ecclesiastica, seguì invece i suoi interessi per la  botanica e, spalleggiato dal suo insegnante di scienze Johann Rothman, si iscrisse all’Università di Lund per studiare medicina, disciplina che all’epoca si occupava anche di botanica officinale. Si trasferì poi all’Università di Uppsala dove si occupò, con grande passione, dell’Orto Botanico.

Già all’età di 23 anni, ancora studente, la sua fervida mente aveva iniziato a indagare sui metodi di classificazione dei viventi, arrivando a convincersi che la base utile per la classificazione delle piante fosse rappresentata dagli organi riproduttivi e cioè dalle varie parti del fiore: petali, stami e pistilli. Il trattato nel quale espose le sue argomentazioni (Praeludia sponsaliorum plantarum, “Gli accoppiamenti delle piante”), se da una parte gli fece ottenere una docenza, dall’altra lo mise nei guai. Infatti venne denunciato dallo Stato svedese per “immoralità” e condannato dalla Comunità luterana  come “sospetto di libertinismo” per avere basato la classificazione sugli “organi dell’apparato sessuale” delle piante.

Sua era la convinzione, espressa in diverse opere, che la natura fosse la dimostrazione dell’esistenza della provvidenza divina e che tante sono le specie quante ne erano state create in modo eterno e immutabile. Tale concezione è opposta a quella che si affermerà, circa un secolo dopo, con la teoria evoluzionistica di Charles Darwin, che  escluderà ogni finalità provvidenziale dalla visione di Linneo.

Era anche un prestigioso insegnante, che guidava i suoi studenti in abituali escursioni finalizzate allo studio di piante, animali e rocce. Alcuni tra i suoi allievi (da lui chiamati “Apostoli”) intrapresero viaggi avventurosi, a volte a costo della vita, in lontane contrade dei nuovi mondi per raccogliere piante sconosciute che Linneo poi descriveva e classificava. Riconoscente il Maestro chiamava molte specie vegetali con i loro nomi.

Nei resoconti dei suoi viaggi, oltre alle rigorose descrizioni naturalistiche, sono riportate anche tante informazioni etnologiche. Le sue idee sui viaggi aventi finalità scientifiche vennero esposte nella Instructio peregrinatoris, pubblicata nel 1760 in Amoenitates academicae.

In Gran Bretagna, presso la Linnean Society di Londra, è custodito il suo erbario, ricco di circa 14.300 campioni, provenienti dai tanti corrispondenti che Linneo ebbe in tutto il mondo, compresa l’Italia.

Non dimentichiamo che, tra le numerose altre attività di cui si occupava, diede contributi significativi alla farmacopea vegetale, alle cause delle malattie epidemiche e alla dietetica. Ottimizzò la coltivazione delle piante per l’alimentazione e per ottenere sostanze coloranti e inventò un proprio metodo per coltivare le perle nei molluschi d’acqua dolce.

Linneo era una persona dalla natura seducente e molto complessa. Al tempo della massima fama il suo soprannome era “Principe dei botanici”, epitaffio che venne scritto, secondo un suo desiderio, sulla sua tomba.

Difettava, quindi, di modestia. Di se stesso scriveva: “Ho fondamentalmente riorganizzato l’intero campo della storia naturale, innalzandola fino all’altezza che ha raggiunto ora. Dubito che oggi qualcuno possa sperare di fare dei progressi in questo campo senza il mio contributo e la mia guida”. E come si può dargli torto se oggi, a 300 anni dalla sua nascita, la nomenclatura binomiale è ancora in uso!

 

   Frontespizio di ‘Systema Naturae

 

 

Frontespizio di ‘Species plantarum

La classificazione

L’uomo, da tempi immemorabili, ha sempre avuto la necessità di dare un ordine alla immensa varietà del mondo che lo circonda, di ripartire tale varietà in gruppi sulla base delle affinità e somiglianze, cioè di “classificare”. In tale contesto, ha assunto particolare importanza la classificazione sistematica degli organismi viventi.

I primi tentativi  in proposito risalgono ad Aristotele (384-322 a.C.) e, in età romana, a Plinio il Vecchio (23-79 d.C.). Diverse proposte vennero formulate, in particolare, ad opera dei naturalisti medievali, con sistemi di classificazione artificiali basati su pochi caratteri distintivi.

Linneo teneva in gran conto le opere scientifiche degli scienziati  che lo avevano preceduto. Ne è un esempio l’ammirazione che rivelò, nella sua Philosophia Botanica, per il botanico Andrea Cisalpino (1519-1603), che aveva  basato il suo sistema di classificazione sulle caratteristiche dell’embrione e sul ricettacolo e che Linneo definì “il primo vero tassonomista”[1].

Avvalendosi quindi dei precedenti studi, li completò con una sua visione che espose nell’opera “Systema Naturae” (dal 1735 al 1768 ne pubblicò 12 edizioni), nella quale divise il mondo della natura i tre regni: Minerale, Vegetale e Animale, introducendo un ordinamento gerarchico a vari livelli: in ciascun regno più classi, in ciascuna classe più ordini, in ciascun ordine più generi e in ciascun genere più specie.

Le sue più interessanti innovazioni riguardano la classificazione del mondo delle piante, in cui introdusse come criterio la struttura dell’apparato riproduttivo, che nelle Antofite è costituito dal fiore. Limitatamente, quindi, a questo gruppo, le ordinò in base al numero degli stami e dei pistilli, identificando così 24 classi, suddivise a loro volta in sottoclassi.

I criteri di classificazione vegetale vennero perfezionati nelle opere Genera plantarum (1737), Classes plantarum (1738) e Species plantarum (1753), oltre agli scritti teorici Fundamenta botanica (1736), Critica botanica (1737) e  Philosophia botanica (1751).

Il suo Sistema sessuale venne in seguito completato, da altri botanici, con proposte che si avvalevano di più combinazioni di caratteri morfologici. Oggi, con il progresso scientifico nel campo della genetica e della biochimica, sono state elaborate classificazioni che si avvalgono di criteri idonei a identificare i livelli di affinità naturali degli organismi viventi ed i loro rapporti evolutivi. Ma le intuizioni di Linneo sono rimaste tuttora valide.

Il Sistema di classificazione delle piante secondo Linneo. Tavola di Ehret (1707-1780), botanico e disegnatore tedesco.

 

La nomenclatura binomiale

Come venivano chiamate le piante prima di Linneo? All’epoca non vi erano regole universalmente riconosciute. Di solito ci si avvaleva di una sorta di perifrasi, cioè di una descrizione di più parole, insomma un polinomio, che illustrava le caratteristiche della pianta.

Ad esempio, prima di Linneo, la Piantaggine maggiore (una pianta molto comune negli incolti) era indicata con la frase Plantago foliis ovatis glabris (Piantaggine a foglie ovali e glabre); ma non erano rari i casi in cui le piante venivano chiamate con frasi molto più lunghe. Una soluzione così aleatoria  era complicata da gestire, soprattutto perché, con la continua scoperta di nuove specie, si creavano problemi di comunicazione tra i vari ricercatori e di memorizzazione dei polinomi.

Linneo trovò la soluzione, semplice e incisiva. La sua proposta fu di assegnare a ciascuna specie (le prime ad avvalersene furono le piante, ma poi coinvolse anche gli animali) due soli nomi, cioè un binomio: il primo nome (un sostantivo) indicava il genere, il secondo (generalmente un aggettivo) la specie[2].

In tal modo, con riferimento all’esempio sopra riportato, la Piantaggine maggiore si identifica con il binomio Plantago major. Si confermava, quindi, l’utilizzo della lingua latina, all’epoca l’unica conosciuta da tutti gli scienziati.

Al binomio si fa seguire il nome (o solo le iniziali o la sigla) del botanico che per primo ha descritto quella specie. La Piantaggine dell’esempio, descritta da Linneo, per completezza si scriverà  Plantago major L. (dove L. sta per Linneo).

La nomenclatura  binomiale permette di descrivere le specie in modo univoco, senza possibilità di confusione. Il suo carattere universale rende possibile gli scambi di informazioni tra gli scienziati di tutto il mondo. La memorizzazione dei nomi, inoltre, viene ampiamente facilitata.

Pensiamo, poi, alla sua importanza pratica: di essere cioè sicuri di quale pianta (o animale o altro organismo vivente) ci occupiamo; di avere la possibilità, ad esempio, di distinguere le piante commestibili da quelle tossiche, i funghi mangerecci da quelli velenosi, i batteri “buoni” da quelli “cattivi”, ecc.

Linnaea_borealis (foto di Walter Siegmund)

 

Nota conclusiva

Linneo ha descritto migliaia di piante, che portano, quindi, accanto al binomio, l’iniziale del suo nome. Un elenco sterminato di specie, alcune delle quali, scelte tra le più comuni, vogliamo almeno qui citare:

Glycyrrhiza glabra (Liquirizia), Beta vulgaris (Barbabietola), Capparis spinosa (Cappero), Carpinus betulus (Carpino bianco), Corylus avellana (Nocciolo), Fagus sylvatica (Faggio), Ficus carica (Fico), Fragaria vesca (Fragola), Juglans regia (Noce), Juniperus communis (Ginepro comune), Laurus nobilis (Alloro), Medicago sativa (Erba medica), Morus alba (Gelso bianco), Papaver rhoeas (Papavero), Phaseolus vulgaris (Fagiolo), Populus alba (Pioppo bianco), Prunus avium (Ciliegio), Quercus cerris (Cerro), Quercus robur (Farnia), Robinia pseudoacacia (Robinia), Rosa canina (Rosa di macchia), Salix alba (Salice bianco), Sorbus domestica (Sorbo comune), Trifolium praternse (Trifoglio praternse), Urtica dioica (Ortica), Acer campestre (Acero campestre), Daucus carota (Carota), Fraxinus ornus (Orniello), Malva sylvestris (Malva comune), Myrtus communis (Mirto), Olea europaea (Olivo), Salvia officinalis (Salvia domestica), Solanum tuberosum (Patata), Viola odorata (Viola mammola), Vitis vinifera (Vite), Allium cepa (Cipolla), Avena sativa (Avena), Halianthus anuus (Girasole), Hordeum vulgare (Orzo), Narcissus poeticus (Narciso), Secale cereale (Segale), Triticum aestivum (Frumento), Zea mays (Mais) . . . . . . . .

Linneo è perpetuato nella memoria anche da una pianta che porta il suo nome: Linnaea borealis, appartenente alla famiglia botanica chiamata anch’essa con il suo nome: Linnaeaceae.

Questa specie era stata da lui osservata in gioventù durante una spedizione botanica in Lapponia: una graziosa pianticella alla quale lo scienziato era particolarmente legato.

Fu il botanico olandese Jan Frederik Gronovius a dedicare il genere della pianta a Linneo, il quale, accettando l’omaggio, inserì il binomio nella sua opera Specie Plantarum, dove la descrisse battezzandola, appunto, Linnaea borealis (cioè Linnaea delle latitudini settentrionali).

Si tratta di un piccolo arbusto sempreverde alto fino a 15 cm, con fiori campanulati di colore rosa pallido che sbocciano a luglio-agosto. È distribuita nelle zone fredde e temperato-fredde dell’Eurpoa, Asia e Nordamerica, dove cresce nei boschi di conifere. In Italia è presente, con popolazioni relitte, sulle Alpi, dalla Valle d’Aosta al Trentino-Alto Adige.

Nella Penisola Scandinava questa graziosa pianta è divenuta anche un nome femminile: Linnea. Carl Nilsson Linnaeus non poteva certo meritare di meno!

[1] La tassonomia è lo studio teorico della classificazione, attraverso la definizione esatta dei principî, delle procedure e delle norme che la regolano.

[2] In effetti prima di Linneo altri botanici, e in particolare lo svizzero Gaspard Bahuin (1560-1624), fecero dei tentativi di utilizzare la nomenclatura binomiale. Linneo ha avuto però il grande merito di averla resa universale, applicandola a tutti i viventi, dal più piccolo microrganismo al più grande mammifero.

 

Gianfranco Pirone – Botanico

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