Terapia forestale come cura primaria della depressione: tra sogno e realtà

Terapia forestale come cura primaria della depressione:

tra sogno e realtà

 

 Cascata di Kot – Lidia Gurian ph

 

Che la depressione sia uno dei peggiori mali dei nostri tempi non è una novità. In un recentissimo rapporto l’Organizzazione Mondiale della Sanità [1] stima che il 14% delle patologie a livello globale siano da ascriversi tra i disturbi mentali, neurologici e da uso di sostanze.

In Italia, EPICENTRO (Centro di Epidemiologia per la Sanità Pubblica dell’Istituto Superiore di Sanità) [2] evidenzia come la recente pandemia abbia giocato un ruolo essenziale nel peggioramento della nostra salute mentale. Ciò sarebbe causato primariamente dalla precarietà percepita e oggettiva della condizione lavorativa della popolazione, oltre che dal vissuto di impotenza e incertezza sperimentato dai parenti delle persone ricoverate in ospedale.

Nel mondo il 75% delle persone affette da tali disturbi, facendo parte di fasce di reddito basse, non ha accesso alle cure di cui avrebbe bisogno.

Quali sono queste cure?

Con molta facilità, la prima cura che generalmente viene prescritta, anche dal medico di base, è di tipo farmacologico. L’OMS raccomanda invece di preferire, come prima opzione e in base alla complessità del quadro clinico, un approccio di tipo psicologico, come evidenziato nel Mental Heath Gap Action Programme (mhGAP) [3], non sottovalutando i possibili effetti collaterali dei farmaci antidepressivi che comunque, quando somministrati, dovrebbero essere affiancati da un supporto psicologico.

Una revisione sistematica sul tema delle cure offerte nei casi di depressione [4] conferma, valutando 34 pubblicazioni, la preferenza  tre volte maggiore dei pazienti ad accedere a trattamenti psicoterapici, piuttosto che assumere i farmaci.

Un’ulteriore revisione [5] evidenzia che, oltre ad essere preferito dai pazienti, l’approccio psicologico come cura primaria della depressione, ossia come trattamento precoce, ha un effetto più duraturo rispetto a quello farmacologico.

Ormai il mondo scientifico riconosce negli eventi traumatici e nello stress, soprattutto se intenso e prolungato nel tempo, la causa maggiore di sviluppo della sintomatologia depressiva. Ma perché alcune persone sembrerebbero più vulnerabili allo stress di altre? Perché, in un mondo così accelerato e foriero di imprevisti non tutti sviluppiamo depressione?

La risposta potrebbe venirci incontro considerando i concetti di “coping funzionale”, “resilienza” ed “antifragilità” [6] [7].

Il coping è l’insieme delle strategie messe in atto per fronteggiare e gestire una situazione critica, stressogena. È funzionale, quando migliora la condizione di partenza, nella nostra percezione od oggettivamente, disfunzionale quando la peggiora.

La resilienza è la capacità di fronteggiare gli eventi stressanti incrementando le proprie risorse e riorganizzando positivamente la propria esperienza.

L’antifragilità è la capacità più specifica di far fronte agli eventi imprevisti traendone vantaggio.

Sia in ambito animale che umano, questi pattern coinvolgono aspetti fisiologici ed anche psicologici: se è vero infatti che un evento traumatico o stressante genera una reazione fisiologica e  un vissuto psicologico è altrettanto vero che un approccio di cura efficace può influire in entrambi gli ambiti [8] [9].

Se “Affrontare lo stress è più un processo, una strategia o uno stile di vita attivo e dinamico che un resistenza passiva ed endogena alle influenze stressanti” (Dziedzicka-Wasylewska M. Et Al 2021)   è possibile rendere maggiormente funzionali le proprie strategie di coping ed implementare la resilienza individuale? Gli studi affermano di sì [8] [9].

Dal punto di vista psicologico gli elementi che promuovono queste capacità sono certamente da individuarsi nel livello di autostima, la percezione della propria efficacia e l’apprezzamento sociale percepito. Questo è ciò di cui si occupano normalmente la psicoterapia ed il supporto psicologico. Un approccio ecologico è rispettoso dello stile e delle caratteristiche del singolo individuo: il terapeuta propone cambi di prospettiva, che consentono diverse considerazioni di sè, del mondo e delle relazioni e apprendimento rispetto ai processi sottostanti a tutto questo. Le relazioni sono al centro di qualsiasi “sistema”: lo costituiscono, lo nutrono, lo mettono in discussione e lo trasformano quando è tempo di evolvere.  La foresta può essere il setting di apprendimento terapeutico ideale, per tutti questi motivi.

 

  Cascata di Kot – Lidia Gurian ph

 

Alcuni studi dimostrano che le foreste più resilienti ai cambiamenti sono quelle che ospitano  maggiore biodiversità [10] [11], dove per biodiversità si intente “la ricchezza di vita sulla terra: i milioni di piante, animali e microrganismi, i geni che essi contengono, i complessi ecosistemi che essi costituiscono nella biosfera. Questa varietà non si riferisce solo alla forma e alla struttura degli esseri viventi, ma include anche la diversità intesa come abbondanza, distribuzione e interazione tra le diverse componenti del sistema” [12]. La relazione sostiene il cambiamento in termini costruttivi e la foresta è l’ecosistema le cui parti in relazione possono essere modelli di riferimento e di ispirazione per l’uomo [13]. Considerando che uno degli elementi caratterizzanti la depressione è il senso di isolamento, solitudine, separazione, entrare in un ecosistema forestale, che facilmente promuove processi di identificazione negli elementi che lo compongono, potrebbe essere una strategia vincente [13]. A livello preventivo di fatto questo è già dimostrato: una recente revisione [14] esaminando numerosi studi sulla Terapia Forestale ne conferma il valore come medicina preventiva e l’efficacia per quanto riguarda il miglioramento del benessere mentale in caso di lievi disturbi dell’umore. Questo avviene sicuramente grazie all’emissione di particolari composti volatili, contenuti negli oli essenziali e prodotti dalle piante, i terpeni, che vengono assorbiti dall’organismo tramite la respirazione e una volta messi in circolo dall’organismo promuovono benefici sia a livello psicologico che fisiologico. I protocolli di accompagnamento, inoltre, sembra no efficaci nell’implementare tali effetti [13]

Quali potrebbero essere quindi i vantaggi della Terapia Forestale come cura primaria della depressione?

  • Accessibilità: l’approccio ecologico, in tutti i sensi possibili, rende l’ambiente forestale facilmente adattabile alle esigenze di ciascuno;
  • Bassi costi: se il Servizio Sanitario Nazionale riconoscesse ufficialmente la Terapia Forestale, le spese non sarebbero più a carico dell’utente. Uno studio ha evidenziato il potere economico delle foreste sul risparmio possibile rispetto ai farmaci per la salute mentale [15]. Inoltre, valutando i protocolli e le esigenze caso per caso, durante un percorso terapeutico alcune pratiche potrebbero essere svolte anche in autonomia, tra un incontro e l’altro.
  • Apprendimento di processi funzionali: se la foresta è, come si è detto, un ecosistema composto da individui in relazione, in equilibrio dinamico, in costante evoluzione, è anche l’ambiente ideale in cui apprendere processi di funzionamento efficaci. Gli elementi della foresta hanno da sempre un potere evocativo, tipico del valore archetipico che rappresentano, quindi sono particolarmente efficaci quando utilizzati nella comunicazione terapeutica. La possibilità, inoltre, di condurre anche sessioni terapeutiche di gruppo potrebbe favorire non solo processi trasformativi profondi in senso stretto, ma anche nella rappresentazione di sé in relazione al mondo esterno. La foresta ci insegna a “funzionare bene” sia come individui che come comunità.

Quindi cosa si può fare?

È necessario che ci siano medici e psicologi formati in questo ambito, in grado di offrire protocolli terapeutici efficaci, perché la foresta di per sé è terapeutica, ma la consapevolezza fa sempre la differenza.

Sara Nardini, psicologa e psicoterapeuta, naturopata, esperta di Terapia Forestale.

 

Bibliografia

 

[1] https://www.who.int/teams/mental-health-and-substance-use/treatment-care/mental-health-gap-action-programme

 

[2] https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-salute-mentale

[3] https://www.who.int/teams/mental-health-and-substance-use/treatment-care/mental-health-gap-action-programme

 

[4] J Clin Psychiatry. 2013 June ; 74(6): 595–602. doi:10.4088/JCP.12r07757

Patient Preference for Psychological vs. Pharmacological Treatment of Psychiatric Disorders: A Meta-Analytic Review R. Kathryn McHugh, Ph.D.1,2, Sarah W. Whitton, Ph.D.3, Andrew D. Peckham, B.A.4, Jeffrey A. Welge, Ph.D.5, and Michael W. Otto, Ph.D.

 

[5] Current Psychiatry Reports https://doi.org/10.1007/s11920-019-1117-x (2019) 21: 129

PSYCHIATRY IN PRIMARY CARE (BN GAYNES, SECTION EDITOR)

Psychological Treatment of Depression in Primary Care: Recent Developments Pim Cuijpers1 & Soledad Quero2 & Christopher Dowrick3 & Bruce Arroll4

 

[6] Lazarus R. S. 1974. Pasychological stressand Coping in Adaptation and Illness. The International Journal of Psychiatry in Medicine. https://doi.org/10.2190/T43T-84P3-QDUR-7RTP

[7] Taylor S. E., Stanton A. L. 2007. Coping resources, coping processes and mental health. Annual Rev. Clin. Psychol. 3, 377-401. DOI:10.1146/annurev.clinpsy.3.022806.091520

[8] Strain J.J. 2018. The psychobiology of stress, depression, adjustment disorders and resilience, The World Journal of Biological Psychiatry, 19:sup1, S14-S20, DOI: 10.1080/15622975.2018.1459049

 

[9] Dziedzicka-Wasylewska M. 2021. What Do the Animal Studies of Stress Resilience Teach Us? Maj Institute of Pharmacology Polish Academy of Sciences, Smetna Street 12, 31-343 Kraków, Poland. https://doi.org/10.3390/cells10071630

 

[10] C. Adolf, C. Tovar, N. Kühn, H. Behling, J. C. Berrío, G. Dominguez-Vázquez, B. Figueroa-Rangel, Z. Gonzalez-Carranza, G. A. Islebe, H. Hooghiemstra, H. Neff, M. Olvera-Vargas, B. Whitney, M. J. Wooller and K. J. Willis. 2020. Identifying drivers of forest resilience in long-term records from the Neotropics. The Royal Society Publishing. http://dx.doi.org/10.1098/rsbl.2020.0005

 

[11] E. Cantarello, A. C Newton, P. A Martin, P. M Evans, A. Gosal, M. S Lucash. 2017. Quantifying resilience of multiple ecosystem services and biodiversity in a temperate forest landscape. Ecology and Evolution. https://doi.org/10.1002/ece3.3491

 

[12]https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/biodiversita/le-domande-piu-frequenti-sulla-biodiversita/cose-la-biodiversita

 

[13] F. Meneguzzo et Al. Terapia Forestale.Una collaborazione tra il Club Alpino Italiano e il Consiglio Nazionale delle Ricerche. 2020. 77-87. Ed. CNR.

 

[14] M. Antonelli, D. Donelli, L. Carlone, V. Maggin, F. Firenzuoli and E. Bedeschia. 2021. Effects of forest bathing (shinrin-yoku) on individual well-being: an umbrella review. International Journal of Environmental Health Research. https://doi.org/10.1080/09603123.2021.1919293.

 

[15] R. Buckley, P. Brough, L. Hague, A. Chauvenet, C. Fleming, E. Roche, E. Sofija, N. Harris. Economic value of protected areas via visitor mental health. Nat. Commun. 2019, 10, 5005. DOI:10.1038/s41467-019-12631-6

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