Un paesaggio da vendere ma non da tutelare

Un paesaggio da vendere ma non da tutelare

 

Consideriamo gli alberi, le piante, tutte le specie presenti da sempre sul nostro territorio, spontanee e coltivate sapientemente da secoli e che crescono per anni nel silenzio. Pensiamo a tutti gli alberi da frutto innestati o spontanei e atutti gli arbusti e alberi selvatici una volta ritenutii preziosi dai nostri avi : all’ulivo, al carrubo,al fico, al calaprice ,  al mandorlo, agli agrumi,al susino, al melo cotogno, al melograno , a tutto ciò che compone la nota “macchia mediterranea” ,ai pini, alle querce, alle piante spontanee. Potremmo iniziare e non smettere mai di citare le innumerevoli specie arboree che si possono osservare nella nostra regione, la Puglia e proprio in questa stagione, la primavera. Dovremmo poi considerare il suolo, che è estremamente vivo e densamente popolato di microrganismi, batteri, funghi, insetti che formano una nicchia ecologica che vive in equilibrio grazie alla comunicazione e alla collaborazione con le piante.

La Puglia  è rappresentata da un ulivo nel suo stemma, si fregia di esso,  ma negli anni ha provveduto a eliminare chirurgicamente vincoli per la sua tutela. L’ulivo dovrebbe essere sacro per la nostra terra e invece è considerato  spesso un ostacolo , un pacco, una merce di scambio,  al peggio legna da ardere. Possiamo osservare ovunque le conseguenze di tagli  incoerenti, spostamenti di ulivi secolari, anche monumentali che in assenza di tutela per anni sono stati capitozzati malamente senza un’adeguata preparazione e non proprio nel periodo idoneo a tale pratica (come ad esempio nel periodo della ripresa vegetativa ) causandone stress e talvolta  malattie e deperimento. Gli ulivi così frettolosamente espiantati vengono ricollocati  al centro di rotonde perdendo per sempre   contesto  e  forma originari acquisiti nel tempo    e perdono la loro funzione , da alberi  monumentali  e per la produzione di olive diventano siepi da abbellimento ; a volte vengono riposizionati gli uni ammassati agli altri in viali , la terra accumulata con i detriti ai loro piedi,   oppure ricollocati in enormi vasi esibiti come trofei in piazze o in attesa di essere venduti nei vivai.

A Oria recentemente un ulivo monumentale di considerevoli proporzioni e che,  secondo una datazione che risale a due anni fa, conta ben 2066 anni  ha rischiato e rischia ancora l’abbattimento, così come altri ulivi secolari nelle sue vicinanze sono stati fatti a pezzi perché ritenuti infetti da xylella, ma non ancora censiti dal comune di appartenenza, quindi non tutelati, se fossero persone anziane affette da una malattia al momento incurabile, proveremmo a curarle o le uccideremmo ?

La Puglia ha tradito il suo simbolo identitario innumerevoli volte eppure continua ad esibirlo. Attualmente tutto il sud è minacciato da interessi tra i più vari, riconversione agricola , speculazioni edilizie, costruzioni di impianti ed opere di pubblica utilità ma di dubbia concezione, tap, ricerche di idrocarburi autorizzati dallo stesso Stato e quindi senza controllo.

Se ogni pezzo di quella terra che compone l’enorme puzzle del nostro territorio  venisse abbandonato sistematicamente, svenduto, riconvertito, occupato, trasformato, cosa rimarrebbe della nostra identità e di quel simbolo presente sullo stemma  pugliese? Un tempo il contadino curando la sua terra,  teneva sotto controllo  le cosiddette erbe infestanti che impedivano alle colture e agli alberi di portare buon frutto e lo faceva mediante lo sfalcio o la lavorazione con l’aiuto di animali, avviene tutt’ora  così o anche con metodi più innovativi e meccanizzati, avviene purtroppo però anche con l’uso di prodotti che velocizzano questa fase, anzi la evitano, parliamo di pesticidi ed  erbicidi.

Si è talmente convinti che sia quello il metodo più veloce e facile che lo si usa e adopera ciecamente a volte,  senza chiedersi assolutamente né quale prodotto si usi e neanche se ci si debba proteggere per farlo o avvisare il vicino di terra che lo si sta facendo, così in completa anarchia lo si è fatto e lo si fa ancora. Alcuni di quei prodotti sono micidiali, pericolosi per il suolo, le falde acquifere, la flora e la fauna e persistendo sul suolo e sulle piante e gli alberi arrivano all’uomo attraverso la catena alimentare. Parlo di conseguenze assolutamente ignorate e sottovalutate dal nostro governo per decine di anni, ben note nel mondo della ricerca e della salute che hanno avuto , hanno e avranno conseguenze sui nostri geni trasmesse e trasmissibili alle generazioni future sotto forma di malattie; ho scritto solo dei diserbanti ma l’industria chimica è piena di prodotti per la cura, la concimazione e la lotta a patogeni e parassiti di colture utilizzati per lo più in quelle intensive ma anche  senza  alcun tipo di precauzione  in altre. Gli alberi, la terra e le piante si stanno ammalando come gli esseri umani.

La terra era già stata abbandonata e pesantemente impoverita, poi sono arrivati i patogeni da quarantena, come la xylella, anche se ne esisono altri,  innumerevoli anche gravi che aggrediscono diverse colture , ma non hanno fatto esplodere nessuna emergenza  planetaria o psicosi collettiva.   La terra è vita, cultura, identità , arte,paesaggio, storia,  lavoro  poi  reddito e  turismo.

Come può pretendere la Puglia di continuare ad esportare  le sue eccellenze così tanto decantate in interi padiglioni di fiere su tutto il territorio nazionale, se non si impegna a tutelare e preservare l’identità e l’integrità dei territori da cui queste eccellenze provengono?  Perché ancora tanti comuni pugliesi nonostante l’obbligo di legge non hanno ancora provveduto a censire tutto il  patrimonio rappresentato da ulivi e altri alberi monumentali e perché devono essere  i cittadini a segnalare agli stessi beni di interesse comune e a fare il lavoro che spetterebbe agli organi competenti in materia?  Il profitto,  gli interessi globali che schiacciano quelli locali, la perdita progressiva di identità e l’assenza totale di una prospettiva dove ci condurranno?

Vivo in provincia di Taranto, una città che ha molte emergenze ambientali irrisolte,  fabbriche  e impianti altamente inquinanti e tra i più grandi d’Europa approvati per decreto, eolico e fotovoltaico senza regole, depuratori, discariche, consumo di suolo ,speculazioni di vario tipo,chi più ne ha più ne metta, eppure l’intero suo territorio è caratterizzato ancora da un paesaggio rurale ereditato e in trasformazione ,  gravine,  distese di uliveti,  frutteti,vigneti, campi coltivati,  aree boschive  , oasi ,   contesti urbani,  periferie abbandonate che potrebbero ancora rifiorire con un po’ di amore,volontà, impegno e cura.

Sono solo un essere umano  che vuole coltivare la terra che ha ereditato dai suoi avi, vuole seguire il ciclo naturale di essa , produrre per la propria famiglia, come da sempre hanno fatto le generazioni precedenti alla sua perché sente di farlo, perché la rende felice  e  vuole  tramandare le stesse cose a sua figlia,vuole resistere, produrre, unendosi a chi già conosce e che lo fa per sé e per gli altri, sono davvero impressionata vedendo quanto abbandono e indifferenza , quanta indolenza  e anarchia c’è nel territorio che attraverso, eppure quante piccole porzioni di territorio ancora resistono in mano a saggi contadini che tramandano la loro esperienza a giovani pieni di speranza  che provano a generare quell’ economia sana  che lo Stato dovrebbe considerare e non ignorare. Dio disse: <Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme:saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e atutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde>. Se diserberemo chimicamente ;  distruggeremo gli alberi infetti senza provare a curarli;  occuperemo i suoli con altre specie non autoctone o, peggio, con distese di pannelli fotovoltaici che potrebbero razionalmente  occupare  tetti di fabbriche, capannoni industriali, case e zone cementificate;  taglieremo distese di ulivi o butteremo giù vigneti autoctoni per sostituirli con quelli più intensivi;  butteremo nelle campagne ogni sorta di prodotto di consumo che non vogliamo smaltire o riciclare, perché non ci interessa; sposteremo alberi, masserie, muretti a secco e preesistenze millenarie  per progetti di  “ pubblica utilità “ quale paesaggio consegneremo alle generazioni future? Dove troveremo le erbe e i semi, gli alberi fruttiferi e dove coltiveremo il cibo di cui abbiamo bisogno per vivere se continuiamo a permettere che tutto si inquini senza regole e senza chiedere rispetto per la nostra terra e il nostro futuro e quello dei nostri figli?

La mia generazione ha già ereditato abbastanza in scempi ambientali , ci fa i conti ogni giorno,mi chiedo quanto ancora abbiamo intenzione di accettare, ricevere come imposizioni o disposizioni da un’Europa sempre più distante dall’idea dei suoi padri fondatori;  come pensiamo di vivere da qui in poi, la qualità della vita che desideriamo, il benessere psicofisico a cui abbiam diritto e che viene invece costantemente sottovalutato e violentato. I centri commerciali che brulicano di vita e la campagna che diventa pattumiera prodotta da essi. Come posso progettare in serenità il fututo mio e della mia famiglia sapendo che in qualsiasi momento lo Stato “legalmente” può occupare la terra che curo e che mi dà la vita, espropriandomela per realizzare ciò che il consumo di risorse e le leggi di mercato impongono ? Non me ne voglio andare ma se chi vive come me questo territorio non imparerà a  considerarlo un bene,  trattandolo come tale ,difendendolo davvero, alzando la testa e proteggendolo con ogni mezzo a sua disposizione non vedo futuro, non vedo prospettive, né pace, né bellezza, né vita.

Tutto ciò che di ancora bello resiste è costantemente sotto assedio.

Confido solo in chi agisce adesso, perché domani  è già  una conquista.

La democrazia è una conquista .

Mongelli Florenza

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