Alexander von Humboldt e l’idea di natura

Alexander von Humboldt e l’idea di natura

 

“Si chiudano gli occhi, si presti attento ascolto e, dal più leggero soffio fino al più selvaggio rumore, dal più elementare suono fino al più complesso accordo […] sarà sempre la natura a parlare, a rivelare la propria presenza, la propria forza, la propria vita e le proprie connessioni, così che un cieco, a cui l’infinitamente visibile fosse negato,  in ciò che è udibile potrà cogliere un infinitamente vivente”.

                                                                               Johann Wolfgang Goethe (La teoria dei colori)

 

Ritratto di Alexander von Humboldt (Luiss University Press)

 

Nel vasto mondo della Botanica, un ruolo di primo piano è svolto dalla Fitogeografia, scienza che studia la distribuzione, e ne ricerca le cause, delle specie e delle comunità vegetali che caratterizzano a loro volta le formazioni vegetali e, a scala planetaria,  i grandi ecosistemi (chiamati “biomi”, ne sono esempi la foresta temperata di caducifoglie, la savana, la tundra e il deserto). È un settore che, nel tempo, si è avvalso sempre più del contributo di diverse discipline: la paleobotanica, la geologia, la pedologia, la climatologia e, ultimamente, la genetica.

In tale contesto, è universalmente riconosciuto che il nome di “padre” della moderna Fitogeografia spetti ad Alexander von Humboldt. É su questo grande e affascinante scienziato, uno dei riferimenti più illustri per geografi, naturalisti, viaggiatori ed esploratori, troppo spesso dimenticato, che ci soffermeremo.

Su Humboldt esiste una vasta letteratura, ma desidero citare, qui, uno stralcio di quanto scrisse, a proposito dei rapporti esistenti tra storia dell’uomo e paesaggio, il compianto storico aquilano Alessandro Clementi in una relazione di alcuni anni fa: “Humboldt aveva una visione armonica ed organica dell’universo che condivideva con Goethe ed aveva sempre presente l’unità indistruttibile della natura vedendo in essa la interdipendenza tra tutti i fenomeni ed il significato che a questo scopo assume la loro distribuzione”.

Naturalista, esploratore, geografo e botanico, Alexander von Humboldt nacque a Berlino il 14 settembre 1769 da nobile famiglia prussiana. La sua vita, di cui si è celebrato nel 2019 il duecentocinquantesimo anniversario della nascita, è un affascinante viaggio alla scoperta del mondo. Ingegno poliedrico, aveva intrapreso, da giovane, studi su disparate discipline: finanza, storia, medicina, fisica, matematica, geologia, anatomia, astronomia. La sua passione per la natura e il suo desiderio di viaggiare, già considerevoli, crebbero frequentando l’amico Georg Foster, un naturalista tedesco che aveva accompagnato l’esploratore britannico James Cook nel suo secondo giro del mondo. I racconti di Foster su quella spedizione nelle isole del Pacifico meridionale avevano entusiasmato Hulboldt.

Nella primavera del 1790  intraprese, insieme a Foster, un breve viaggio in alcuni paesi europei. A Londra, in particolare, la vivace vita portuale del Tamigi, dove attraccavano vascelli carichi di merci esotiche, aveva alimentato ancor più la sua fantasia sulle terre lontane. Negli anni successivi soggiornò in Austria e fece un viaggio finalizzato a studi botanici e geologici sulle Alpi, in Svizzera e Italia.  In quegli anni, ricchi di incontri con i protagonisti della scena politica, letteraria e scientifica dell’Europa, conobbe, tra gli altri, Schiller e Goethe, con cui intrattenne, assieme a suo fratello Wilhelm, una lunga amicizia.

Nel 1798, durante un suo viaggio a Parigi, fece conoscenza dell’esploratore Louis-Antoine de Boungainville e del botanico Aimè Bonpland. Quest’ultimo, desideroso anch’egli di conoscere paesi lontani, diverrà un ottimo compagno di viaggio. Infatti, dopo varie peripezie, Humboldt e Bonpland riusciranno, il 5 giugno 1799, a salpare con la fregata Pizarro dal porto di la Coruña, in Spagna, verso le colonie spagnole nel Sud America, dove resteranno per quasi 5 anni. A bordo avevano caricato un grande numero di strumenti, tra sestanti, quadranti, telescopi, cronometri, teodoliti, inclinometri, igrometri, barometri, termometri, bussole, microscopi, bilance, e poi vari contenitori per conservare semi e altri reperti naturalistici, carta in quantità e innumerevoli attrezzi: insomma, tutto ciò che serviva per effettuare il maggior numero di misurazioni e studi sui vari aspetti della natura di quei lontani paesi.

 

Humboldt e Bonpland ai piedi del vulcano Chimborazo (Touring Club Italiano)

 

Al pari degli esploratori che lo avevano preceduto, durante il suo itinerario Humboldt avrebbe raccolto piante, animali minerali e rocce; misurato l’altezza delle montagne visitate; calcolato coordinate geografiche e rilevato la temperatura dell’aria e dell’acqua.  Un lungo e appassionante viaggio al fine ultimo di scoprire come “tutte le forze della natura sono intrecciate e interconnesse”.

Dopo aver sostato per alcuni giorni a Tenerife, la più grande isola delle Canarie al largo della costa occidentale dell’Africa, e aver scalato il vulcano Pico del Teide, i due esploratori approdano a Cumanà in Venezuela, dirigendosi poi verso Caracas. Abbandonata la costa, esplorano, in 4 mesi, i Llanos (l’immensa savana della grande depressione delimitata dalle Ande e dalla cordigliera costiera del Venezuela) e il sistema fluviale del Rio Orinoco, in un territorio ignoto e selvaggio. Rientrati da un soggiorno a Cuba, nel gennaio 1802 raggiungono, dopo un lungo e faticoso viaggio attraverso le Ande, Quito, oggi capitale dell’Equador. Qui scalano, primi europei, il vulcano Pichincha alto 4794 metri e, poi, il vulcano Chimborazo alto 6300 metri (la montagna più alta delle Ande ecuadoriane, che all’epoca si riteneva anche la più alta del mondo), da Humboldt descritto come un “colosso mostruoso”, fermandosi presumibilmente ad una quota superiore ai 5900 metri, dopo aver sofferto i sintomi del mal di montagna. E’, questa, una delle sue imprese più affascinanti ed è proprio qui che, grazie alle numerose ricerche e osservazioni, giunge a descrivere la natura come una rete di connessioni.

Nel novembre del 1802, in Perù, Humboldt studia le proprietà fertilizzanti del guano, gettando le basi per la sua utilizzazione in Europa. In Messico, dove soggiornano per quasi un anno, svolgono diversi studi naturalistici e storici, interessandosi anche al calendario degli Aztechi. Sulla strada del ritorno, visitano negli USA le città di Filadelfia, Baltimora e, poi, Washington, dove vengono ricevuti dal presidente Thomas Jefferson. Rientrano in Europa approdando a Bordeaux il 3 agosto 1804. In cinque anni i due esploratori hanno percorso,  a piedi, a cavallo e in canoa, 9650 km attraverso i territori degli attuali Stati del Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù, Cuba e Messico.

Enormi sono i risultati scientifici della spedizione sudamericana. Ne ricordiamo solo qualcuno: la redazione di mappe geografiche; gli studi su oltre 60.000 specie vegetali, di cui 6300 ancora sconosciute; gli studi sulla geografia della piante; la descrizione della corrente di Humboldt, così chiamata in suo onore; gli studi sul campo magnetico terrestre,  sulla geologia, sui vulcani e le loro rocce. Nel suo saggio sul regno di Nuova Spagna, in cui è riportata una grande quantità di materiali sulla geografia e la geologia del Messico, viene descritta anche la condizione sociale ed economica della popolazione, con una ferma condanna della schiavitù.

Dopo un lungo periodo vissuto a Parigi, all’età di 60 anni Humboldt viene incaricato dallo zar di Russia Nicola I di intraprendere una spedizione in Asia, nelle steppe siberiane e fino al confine con la Cina, per ottenere informazioni su eventuali giacimenti minerari. Il viaggio, effettuato in compagnia del geologo Gustav Rose, dura 6 mesi, durante i quali vengono percorsi, a bordo di una carrozza, quasi 15.000 km.

Nel corso di tale spedizione studia le emergenze naturalistiche del mar Caspio, descrive numerose specie di pesci, raccoglie varie piante e campioni di rocce, misura altitudini, temperature e magnetismo, e scopre una miniera di diamanti.  Durante la sua vita riceve diverse onorificenze. Rientrato a Berlino, muore il 6 maggio 1859 all’età di 90 anni.

 

Dettaglio dell’atlante del 1850 sulla distribuzione altitudinale delle piante

 

Innumerevoli sono le sue pubblicazioni. Ne elenco alcune tra le più note:

-Saggio sulla geografia delle piante (Ideen zu einer Geographie der Pflanzen, 1807), nel quale vengono presentate le sue idee sulla distribuzione delle piante e sulla natura come una rete di vita.

-Quadri sulla natura (Ansichten der Natur, 1808), in cui ai temi scientifici vengono associate le descrizioni poetiche dei paesaggi.

Vues des Cordillieres et monuments des peuples indigene de l’Amérique (in due volume, 1810). Contengono, tra l’altro, 69 straordinarie incisioni del vulcano Chimborazo, delle rovine inca, dei manoscritti aztechi e dei calendari messicani.

Personal Narrative of Travels to the Equinoctial Regions of the New Continet during the years 1799-1804. E’ il resoconto, in 7 volumi, della spedizione in America Latina.

-Saggio politico sull’isola di Cuba (Essai politique sur l’île de Cuba, 1826). Contiene informazioni sul clima, l’agricoltura, i porti, la demografia e i dati economici su import-export dell’isola.

Asie centrale, recherches sur les chaines de montagne set la climatologie comparé, 1843. L’opera, in  3 volumi, raccoglie le informazioni aggiornate sull’orografia, la geologia e il clima dell’Asia.

Cosmos, 1845-1862. Colossale lavoro in 5 volumi. E’ il “libro sulla natura”, il compendio della sua vita di ricerche.

Humboldt descrisse numerose specie vegetali e animali sconosciute in Europa. Quasi 300 piante e oltre 100 animali sono le specie a lui dedicate e che portano quindi il suo nome. Ne sono esempi, tra le piante:

-il Giglio tigrato di Humboldt (Lilium humboldtii), originario della California;

– l’orchidea Phragmipedium hulboldii, originaria del Messico;

-la Quercia andina di Humboldt (Quercus humboldtii), originaria della Colombia e del Panamà;

-l’Annona di Humboldt (Annona humboldtii), originaria del Venezuela;

-l’Utricolaria di Humboldt (Utricularia humboldtii), originaria del Brasile, Guyana e Venezuela;

-il Geranio di Humboldt (Geranium humboldtii), originario dell’Australia, Nuova Zelanda e Indonesia;

-la Mammillaria di Humboldt (Mammillaria humboldtii), una Cactacea originaria del Messico.

-Ad Humboldt è dedicato anche il genere Umboldtia, della famiglia Fabaceae, di cui la maggior    parte delle specie sono endemiche dell’India.

 

Un’edizione italiana del 1860 del terzo volume di ‘Cosmos’

 

Tra gli animali vi sono: il Pinguino di Humboldt (Spheniscus humboldtii), originario delle coste peruviane e cilene del Pacifico; lo Skunk della Patagonia (Conepatus humboldtii, una moffetta), e Potamotrygon humboldtii, un pesce-razza di acqua dolce, originari dell’America meridionale.

Il suo nome venne dato anche ad un mare sulla Luna: il Mare Humboldtiano.

Nei suoi diari, nelle sue lettere e nei suoi libri, Humboldt non si limitava a studiare le piante sul piano della classificazione, ma ne individuava anche il nesso con i parametri geografico-ecologici (clima, altitudine, ecc.), deducendone alcuni importanti concetti, come quello di “zone climatiche e vegetazionali” presenti nei vari continenti. Ne deriva, come sottolineato più volte, l’imprescindibile nesso tra tutto ciò che accade nella biosfera; una natura, quindi, concepita come una immensa rete di relazioni. “In questa grande catena di cause ed effetti”, scriveva, “non c’è un solo fatto che possa essere considerato isolatamente”.

Humboldt ebbe numerosi estimatori nei più svariati campi dello scibile. Tra questi ricordiamo il filosofo e poeta statunitense Henry David Thoreau, lo zoologo tedesco Ernst Haeckel e l’ingegnere e naturalista scozzese (naturalizzato statunitense) John Muir; tutti apprezzavano le opere di Humboldt.

E anche Charles Darwin, celebre per aver formulato la teoria sull’evoluzione delle specie, stimava le sue pubblicazioni. Nel famoso viaggio sul Beagle, aveva portato con sé l’opera di Humboldt in 7 volumi Personal Narrative. A tale proposito, in una corrispondenza del 1831, Darwin annota: “La mia ammirazione per il famoso resoconto personale di Humboldt, di cui conoscevo quasi a memoria alcune parti, mi ha indotto a viaggiare in paesi lontani e mi ha spinto a offrirmi volontariamente come naturalista sul Beagle di Sua Maestà”.

 

Una pianta dedicata ad Humboldt, Lilium humboldtii (G. W. Hartwell)

Nel prologo al suo avvincente libro tradotto in 23 lingue, dedicato alla vita di Humboldt (“L’invenzione della natura. Le avventure di Alexander von Humboldt, l’eroe perduto della scienza”. Luiss University Press, 2017), la storica e scrittrice inglese Andrea Wulf  scrive: Noi siamo plasmati dal nostro passato. Niccolò Copernico ci ha mostrato il nostro posto nell’Universo. Isaac Newton ci ha spiegato le leggi della natura, a Thomas Jefferson dobbiamo alcuni dei nostri concetti di libertà e democrazia e Charles Darwin ha dimostrato che tutte le specie discendono da comuni antenati. Queste idee definiscono la nostra relazione con il mondo.

Humboldt ci ha donato il nostro stesso concetto di natura. Per ironia della sorte, le sue intuizioni sono diventate così ovvie da farci dimenticare l’uomo che vi sta dietro. Ma un filo diretto lega tra loro le sue idee ed esse ai tanti cui egli si è ispirato; e il concetto di natura di Humboldt ci lega a lui come una corda”.

Humboldt ci ha insegnato a leggere e a raccontare la natura. E ci ha suggerito di guardarla non solo con gli occhi della scienza, ma anche con quelli del sentimento. Un suo viaggio è, a tale proposito, illuminante: quello fatto con il fisico svizzero Bénédict de Saussure in varie località svizzere, delle quali molte in montagna, per studiare il colore del cielo al fine di inventare uno strumento che fosse in grado di misurarne l’intensità del blu. E’ solo scienza o anche poesia?

 

Prof. Gianfranco Pirone – Botanico

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