Gli Ontani, alberi della rinascita spirituale

Gli Ontani, alberi della rinascita spirituale

 

È così dolce allora ricordare
lo stagno erboso e il suono rauco dell’ontano …

(Sergej Aleksandrovic Esenin)

Ontano nero – Foto G. Pirone

 

Narrano le leggende dell’antica Grecia di una divinità, Fearinos, il cui nome indicava “l’alba dell’anno”, che nel giorno dell’equinozio di primavera riceveva sacrifici in offerta. L’equinozio cadeva proprio nel quarto mese dell’anno, dedicato all’Ontano. E a questo albero, che vive sulle sponde dei fiumi, è legata anche la leggenda dell’eroe Foroneo (il cui nome deriverebbe da Fearinos), figlio di una divinità fluviale.

Il culto dell’Ontano si trasferì poi tra i popoli celtici, presso cui questo albero era il simbolo del combattente valoroso. Come riporta nel suo “Florario”Alfredo Cattabiani, l’Ontano è «secondo il poema ossianico irlandese “La canzone degli alberi della foresta”, fra tutti gli alberi un vero mago della battaglia, l’albero più ardente nella lotta».

E proprio con riferimento agli habitat nei quali crescono (luoghi nebbiosi e umidi), gli Ontani sono stati sempre considerati alberi misteriosi, elementi di rinascita, di un mondo “di confine”, di raccordo tra il mondo materiale e quello spirituale.

Gli Ontani sono piante arboree o arbustive appartenenti alla famiglia delle Betulaceae, diffuse in Europa,  Asia e America.  Sono legati alle rive dei corsi d’acqua e più genericamente agli ambienti freschi e umidi. Hanno foglie semplici e dentate. Gli individui sono a sessi separati, con fiori riuniti in infiorescenze unisessuali: le maschili amentiformi, lunghe, cilindriche, pendule; le femminili corte, a forma di piccola pigna, con squame che nel frutto diventano legnose.

In Italia il genere è presente con quattro specie: Ontano verde (Alnus alnobetula = A. viridis), a distribuzione circumboreale e in Italia presente sulle Alpi; Ontano nero o comune (A. glutinosa), con areale eurasiatico e nordafricano, vive in tutto il territorio italiano; Ontano bianco (A. incana), circumboreale, presente sulle Alpi e in Appennino settentrionale; Ontano cordato o napoletano (A. cordata), endemico di Campania, Basilicata e Calabria. In Abruzzo vivono A. glutinosa e, coltivato nei rimboschimenti e spesso naturalizzato, A. cordata.

Secondo alcuni filologi, il nome generico Alnus deriverebbe da una radice indo-europea che significa “sorgere”, “alzarsi”, “crescere”, in rapporto al suo rapido sviluppo; secondo altri sarebbe derivato del celtico al (presso) e lan (bordo di fiume), con riferimento al loro habitat.

Come ricordato più sopra, questi alberi svolgono una funzione di “mediazione”, cui è legato l’uso più importante del legno che,  per la sua particolare resistenza all’umidità, viene impiegato nella costruzione di ponti: ponti reali che richiamano quello, dal magico potere, che unisce gli incerti, oscuri confini dei due mondi. Non dimentichiamo che fin dall’antichità i corpi idrici erano considerati passaggi tra il mondo dei vivi e l’oltretomba.

Il legno degli Ontani, duro e pesante, giallo-rosato nel fresco e di colore rosso-ramato nel secco, nell’acqua acquista addirittura maggiore durezza e per tale motivo viene usato per lavori idraulici in pozzi, miniere, ecc. Già nel Neolitico era impiegato nella costruzione delle palafitte e le sue qualità erano ben conosciute dai Romani. Plinio riferisce che le palafitte d’ontano sono eterne. E Castore Durante, medico, botanico e poeta del Rinascimento, scrive: “Stimasi l’alno per i fondamenti degli edifici, che si fanno nell’acqua. E le palificate, che se ne fanno ben serrate, sostentano sopra di loro ogni gran macchina d’edificio”. Le fondamenta delle città di Venezia, di Bruges e di Amsterdam, poggiano su pali di Ontano e di Larice. Gli olandesi lo utilizzavano anche per costruire le loro dighe. Non dimentichiamo, inoltre, che le loro radici contengono batteri azotofissatori, che facilitano la colonizzazione di ambienti poveri di nutrienti.

Foglie di Ontano napoletano (S. Radivo)

 

Foglie di Ontano nero (S. Radivo)

 

Infiorescenze maschili e infruttescenze di Ontano nero (A. Messina)

 

 

Gli Ontani presenti in Abruzzo

 

Ontano nero

É un albero alto fino a 30 m, a volte arbusto, con tronco slanciato a ramificazione espansa, regolare e chioma piramidale. I rami giovani sono glabri, vischiosi, color verde-oliva  che,  con  l’età,  diventa  bruno-verdognolo  lucido. La corteccia è grigio-scuro, prima liscia, poi, con l’età, sempre più screpolata e solcata longitudinalmente. Le foglie sono semplici, alterne, a lamina obovato-ellittica, con margine doppiamente ed irregolarmente  dentato  e con  base  cuneata;  sono  glabre,  con ciuffi di peli solo all’ascella delle nervature di sotto, vischiose da giovani (da cui l’epiteto specifico glutinosa), verde scuro nella pagina superiore, più chiare in quella inferiore. I fiori sono riuniti in amenti unisessuali: quelli maschili sono cilindrici e lunghi, penduli; quelli femminili sono strobiliformi, spesso riuniti in gruppo. Le infruttescenze, ovali e con squame legnose, si aprono nell’anno successivo all’antesi. I frutti sono delle piccole noci strettamente alate.

Fiorisce a marzo-aprile e matura i frutti in autunno.

Perfettamente adattato a condizioni di suolo umido, l’Ontano  nero  vegeta  lungo  i corsi  d’acqua  e  in  altre zone umide, soprattutto in aree allagate superficialmente o per affioramento di acque sotterranee. Il suolo, poco rimaneggiato, è ricco di limo e di materia organica. Nelle ontanete sono presenti anche altri alberi igrofili come i Salici ed i Pioppi.

E’ diffuso in Europa,  Asia  Minore,  Siberia  occidentale e   Africa  del Nord. In Italia è presente in tutto il territorio.

In Abruzzo, in via di rarefazione, si osserva lungo diversi corsi d’acqua (Sangro, Moro, Foro, Pescara, Vomano, Tronto, Liri, Sagittario, Gizio, ecc.).

La sua capacità di assorbire i coloranti lo rende molto adatto per lavori di ebanisteria.  Il suo carbone è utilizzato nella preparazione  della polvere pirica. La corteccia, contenente un pigmento giallo, è tintoria. Le foglie hanno proprietà diuretiche, le gemme svolgono azione coleretica e antireumatica, la corteccia è febbrifuga.

Ontano napoletano

É alto 10-15 m, con tronco slanciato e rami eretto-patenti formanti una chioma allungato-piramidale. La corteccia, dapprima liscia e poi, in età avanzata, screpolata, è grigio-verde;  i piccoli rami sono glabri e vischiosi. Le foglie sono semplici, alterne, subcoriacee, ovato-suborbicolari, cordate, dentellato-crenulate  sul margine, verde lucido di sopra, più chiare di sotto, dove presentano dei ciuffi di peli giallastri all’ascella delle nervature. Le infiorescenze e le infruttescenze sono più o meno simili a quelle dell’Ontano nero.

Vive sia lungo i corsi d’acqua sia lungo i pendii con accumuli di detriti su terreni permeabili, con presenza di sufficiente falda acquifera, dal livello del mare fino alla fascia del Faggio. Entra nella composizione di cenosi forestali diverse (faggete, castagneti, querceti) o forma boschi puri che si mantengono nel tempo o che rappresentano stadi pionieri in evoluzione verso cenosi, più stabili, di altre latifoglie.

E’ endemico dell’Appennino meridionale, dal Napoletano alla Sila. Viene spesso utilizzato nei rimboschimenti e a volte si naturalizza.

L’Ontano napoletano è stato spesso utilizzato nei rimboschimenti e nella nostra regione sono noti molti casi di naturalizzazione, come nelle Valli dell’Orfento e del Foro, al Feudo Ugni, tra Pretoro e Passo Lanciano, a Taranta Peligna, a Lettopalena, a Rosello, lungo l’Aventino, al Lago di Campotosto, ecc.

Il legno, leggero, tenero e compatto, è impiegato per imballaggi, compensati e piccoli utensili.

Frugale e a rapido accrescimento, l’Ontano napoletano viene impiegato anche come pianta ornamentale in parchi e giardini, nei rimboschimenti dei suoli poveri e detritici e per il consolidamento delle frane. È assai indicato per luoghi inquinati e suoli asfittici.

 

Prof. Gianfranco Pirone – Botanico

 

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