Intervista a Alessia Brignardello, tra le più importanti progettiste di giardini in Abruzzo

Fratello Albero. Giornale online del Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio Onlus.

Intervista Alessia Brignardello, Botanica Paesaggista,

tra le più importanti progettiste di giardini in Abruzzo, Vicepresidente di AIAPP LAMS.

 

Alessia Brignardello è una professionista dei giardini che lavora nel settore da tanti anni. Laureata in Scienze Naturali si è perfezionata in Architettura del paesaggio e  ha progettato numerosi parchi e giardini in Abruzzo e non solo.

 

Foto di Alessia Brignardello

 

Attualmente subiamo una difficile situazione del verde urbano in tante città abruzzesi. Secondo te si può ancora parlare di arte dei giardini nelle nostre città? E come si può tornare a una corretta progettazione del verde ornamentale?

Il giardino, come ogni forma d’arte, è l’espressione di una mente creativa, ma anche uno specchio della società e dal momento che il nostro Paese attraversa tempi difficili da oltre dieci anni, molti nostri giardini versano in uno stato di totale abbandono e decadenza. Non sempre e non ovunque, ma in buona parte della nostra penisola sì, in particolare nel Centro Sud Italia.

Il problema non è tanto la corretta progettazione, che spesso è mancata anche nel passato, tranne, ripeto, in alcune amministrazioni illuminate, ma piuttosto la mancanza di una vera cultura del verde: nei cittadini e soprattutto nelle amministrazioni, che avrebbero l’obbligo morale e civile di affidare la progettazione del verde a professionisti competenti e responsabili.

 

Troppo spesso il giardinaggio di qualità viene calpestato e banalizzato da chi non ha alcuna formazione professionale. I danni sono ingenti e molti beni ambientali vengono irrimediabilmente rovinati. Qual’è il percorso formativo che un vero professionista dei giardini deve seguire?

Ci si occupa di verde a vari livelli e scale progettuali, dal paesaggista pianificatore, al progettista di giardini privati, al giardiniere che materialmente impianta e fa manutenzione. Per ciascun livello esistono percorsi formativi specifici, da corsi universitari a master, da corsi regionali a scuole come quella di Minoprio o la Scuola Agraria del Parco di Monza dove, fresca di Laurea,  ho trascorso 8 mesi nei quali ho appreso tutto quello che c’era da sapere sulla progettazione, l’impianto e la manutenzione di un giardino, alternando lezioni teoriche a lezioni molto pratiche. E’ stata un’esperienza formativa strordinaria che consiglio davvero a tutti di fare: 800 ore della propria vita spese bene!

Naturalmente ai percorsi formativi bisogna affiancare lo studio individuale, la volontà di approfondire le conoscenze, affinare le competenze e di specializzarsi, nella scelta dei criteri progettuali, delle piante e delle tecniche, in base al contesto pedo-climatico e paesistico in cui si opera.

 

Caryopteris in fiore  – Foto Colazilli

 

In Abruzzo non c’è mai stata una grande tradizione dell’arte dei giardini. Assistiamo anche all’abbandono di numerosi giardini storici  per mancanza di competenze qualificate, di progetti veramente innovativi da parte dei comuni e per indifferenza dei privati. Cosa si può fare in tal senso?

La mancanza di una vera cultura del verde è la causa di questo stato di cose: perchè un privato o una amministrazione dovrebbero occuparsi di riqualificare un giardino o un parco se ai cittadini non importa nulla? Prima della crisi, quando c’erano fondi a disposizione, ci si poteva permettere il lusso di fare e manutenere oltre alle strade anche i giardini, ma oggi no, oggi bisogna trovare nuovi modi di vegetare la città, ma soprattutto bisogna  formare gli addetti ai lavori (pianificatori, progettisti, impiantisti e manutentori), informare e sensibilizzare i cittadini e soprattutto gli amministratori, perchè sono loro che hanno l’ultima parola e stanziano o meno i fondi necessari.

 

Il restauro di un giardino storico è un processo complesso che necessita di alta professionalità. Quali sono le fasi che portano alla rinascita di un parco prima distrutto e abbandonato? E quali sono le competenze per realizzare un restauro di un giardino?

Il restauro di un giardino storico richiede la collaborazione di figure professionali che sono diverse a seconda del contesto e un lavoro di ricerca dei documenti cartacei (planimetrie, elenchi piante, ecc.) e di quelli materici ovvero sul terreno per rintracciare l’impianto originario o perlomeno l’ultimo impianto prima dell’abbandono.

Quando mi occupai del giardino della Chiesa di Santa Maria d’Arabona a Manoppello (CH) allo scopo di richiederne la tutela alla Sovrintendenza Regionale, ricordo che trovai in archivio molto materiale interessante, grazie al quale, insieme alla evidente bellezza e importanza del luogo, il giardino venne tutelato ai sensi della L.1089.

 

Il Giardino asciutto – Foto Brignardello

 

Tu progetti numerosi giardini asciutti  Il giardino mediterraneo con le sue varietà e le sue caratteristiche uniche può essere un’alternativa per resistere ai cambiamenti climatici. Come si progetta e si realizza un giardino con queste caratteristiche?

 

Il giardino mediterraneo asciutto è un approccio antico e allo stesso tempo nuovo alla progettazione di uno spazio verde sia pubblico che privato e risponde al concetto di “fare di necessità, virtù”: il nostro bellissimo clima mediterraneo che i nordeuropei tanto amano e per i quali migrano a sud durante l’estate alla ricerca del sole, è per le piante un fattore di notevole stress perchè la mancanza di acqua nei mesi estivi le costringe ad organizzarsi a livello morfologico e fisiologico. Da questi adattamenti, sviluppati in migliaia di anni attraverso l’evoluzione, nascono forme, colori, profumi, fioriture e fogliature straordinarie e che nel loro insieme costituiscono il paesaggio mediterraneo. Che insieme al clima rappresenta la base della nostra “industria turistica estiva”.

 

Progettare giardini con queste piante significa inserirli meglio nel contesto paesistico e allo stesso tempo rispettare le risorse ambientali, acqua in primis: dopo i primi due anni, in cui è necessario aiutare le piante a superare i mesi estivi innaffiandole ad intervalli lunghi, le piante avranno sviluppato radici sufficientemente estese per intercettare e assorbire l’acqua necessaria a vivere.

L’acqua, come ci insegna Gilles Clement, è un bene che appartiene al pianeta e non all’uomo e soprattutto è un bene in pericolo di estinzione: molte regioni italiane, tra cui la nostra, stanno registrando un impoverimento delle falde acquifere e questo nei prossimi anni avrà serie ripercussioni sulla vita quotidiana e quindi sulla possibilità di innaffiare i giardini come abbiamo fatto fino ad oggi.

Nei prossimi decenni il riscaldamento globale nell’area del Mediterraneo si prevede si manifesterà in una progressiva desertificazione, definita come “dust bowlification” ovvero formazione di una conca di polvere, un territorio arido e per questo inospitale ad ogni forma di vita.

 

In Abruzzo esistono realtà virtuose in cui si pratica l’arte dei giardini?

Abbiamo diversi giardini interessanti per vari motivi e tutti accomunati dalla passione e dalla tenacia dei proprietari: il Giardino dei Ligustri a Loreto Arutino, restaurato da Alberto Colazilli, importante centro di educazione ambientale e Il Vecchio Bosco ad Ortona, realizzato negli anni da Renato Di Deo, isola verde in un mare di cemento e impianti industriali.

A Torrevecchia Teatina invece sto realizzando un giardino botanico in cui crescono, secondo i criteri del dry gardening, alberi, arbusti ed erbacee perenni da clima mediterraneo: per ora è solo una collezione privata che uso per studiare la resistenza delle piante a freddo, neve, caldo e siccità prima di impiegarle nei giardini che progetto, ma in futuro metterò questa collezione di piante a disposizione di progettisti, privati e amministratori allo scopo di meglio divulgare la pratica del giardino sostenibile.

 

Salvia in fiore  – Foto Colazilli

 

Il ruolo dei giardini botanici abruzzesi. Abbiamo una rete di parchi che conservano numerose varietà autoctone anche rare. Come siamo messi in fatto di valorizzazione e promozione di questo patrimonio botanico?

Direi che siamo all’anno zero. Ad eccezione dei giardini di cui sopra, per il resto esiste ben poco, mentre proprio per la varietà orografica e morfologica del nostro territorio e la conseguente presenza di Parchi, dovremmo e potremmo proteggere meglio e valorizzare la nostra flora, magari riavviando i Vivai Forestali: se ben gestiti potrebbero fornire piante autoctone a privati e amministrazioni e permettere così di realizzare giardini e parchi meglio inseriti nel paesaggio, più utili alla biodiversità e sostenibili da vari punti di vista, non ultimo quello economico, perchè una specie autoctona ha bisogno di molte meno cure e richiede quindi meno spese.

Al Giardino della Flora appenninica di Capracotta (IS) insieme alla collega Roberta Tupone, Dottore Forestale-Ambientale, abbiamo appena organizzato un convegno proprio sulla filiera virtuosa del verde: produrre e far conoscere le piante spontanee per poi inserirle nelle città, anche attraverso la partecipazione dei cittadini alla progettazione e realizzazione del verde.

 

Il ruolo del florovivaismo è essenziale per realizzare grandi giardini. In Abruzzo com’è la situazione?

Benchè la grande produzione italiana di piante ornamentali sia concentrata a Pistoia e Mantova, in Abruzzo abbiamo alcuni vivaisti che dispongono di un discreto assortimento, alcuni anche con interessanti piante da clima mediterraneo, altri con erbacee perenni e graminacee ornamentali, tappeti di sedum prevegetati molto belli.

Il tipo di vaso e di terriccio utilizzati, insieme alla pratica di innaffiare quotidianamente però, rendono le piante soggette a stress da trapianto: la pianta “viziata” dalle cure vivaistiche fatica ad ambientarsi nel giardino e richiede molte cure iniziali, cure che solo un privato attento è in grado di fornire: in ambito pubblico assisto molto spesso alla morte precoce di alberi ed arbusti messi a dimora.

 

Graminacee ornamentali – Foto Brignardello

 

In Abruzzo esistono scuole professionali capaci di formare dei perfetti giardinieri professionisti capaci di gestire i nostri parchi?

Al momento assolutamente no, esistono molti giardinieri improvvisati, braccia prestate da altri settori senza nessuna competenza: è una triste realtà non solo della nostra regione, ma di tutto il Paese. E le conseguenze del loro operato sono sotto gli occhi di tutti: potature sbagliate e spesso non necessarie, danni da decespugliatore sui tronchi degli alberi, giardini realizzati per durare un mese o trasformati in collezioni improbabili di piante di ogni genere.

La legge 154 /2016 prevede la formazione di giardinieri certificati attraverso un percorso teorico-pratico di 180 ore: non sono molte, ma meglio di niente. Voglio solo sperare che la Regione, preposta ad attuare la formazione, faccia un lavoro serio, dotandosi di enti di vera formazione, preparati e competenti non solo sulla carta.

Mi auguro che tutti i soggetti della filiera del verde, dalla produzione delle piante alla progettazione, dall’impianto alla manutenzione di parchi, giardini e viali alberati, comprendano quanto sia importante operare al meglio, con serietà e competenza, aggiornandosi sempre perchè la sfida che ci attende è grande: il riscaldamento globale deve essere affrontato attraverso la mitigazione e l’adattamento, che possono essere realizzate forestando le città, piantando cioè gli alberi giusti nei luoghi, nei modi e nei tempi giusti.

 

Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio Onlus

Un pensiero riguardo “Intervista a Alessia Brignardello, tra le più importanti progettiste di giardini in Abruzzo

  • 17 Dicembre 2018 in 19:38
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    GRAZIE ALESSIA, tanti sono i giardini belli, ma quelli nati nel “deserto” e grondanti di sangue hanno un valore culturale aggiunto. Un caro saluto a te e a tutti gli amanti dei giardini

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