L’idrobiologa Di Felice “Rispettare i fiumi per evitare disastri”
Cambiamenti climatici e gestione dei fiumi
Intervista all’idrobiologa, esperta di fiumi, Piera Lisa Di Felice
Piera Lisa Di Felice – Idrobiologa esperta di fiumi
I disastri climatici che hanno colpito la nostra penisola hanno provocato gravi danni al territorio. Abbiamo intervistato la dott.ssa Piera Lisa Di Felice, direttore della Riserva Naturale Sorgenti del Pescara, vicepresidente della Federazione Nazionale Pro Natura, coordinatore dell’Organizzazione Regionale Pro Natura Abruzzo e vicepresidente del Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio, idrobiologa esperta di fiumi, che ha parlato della corretta gestione del fiume e del suo habitat.
L’Italia ha subito una gravissima ondata di maltempo che ha devastato paesaggi, vallate e ancora una volta i fiumi tornano ribalta nella cronaca nazionale. Si parla con forza di “pulizia” degli alvei fluviali. Che cosa sta succedendo?
I fiumi sono ambienti complessi che bisogna conoscere e tutelare con professionalità e competenza. Spesso l’aspetto ecologico del fiume non viene preso in considerazione in nome della sicurezza. La gestione degli ambiti fluviali è sempre stata improntata su una visione ingegneristica e non naturalistica, trasformando i fiumi in una sorta di canali per far defluire le acque il più velocemente possibile. Stiamo pagando la regimentazione dei corsi d’acqua realizzata negli anni Ottanta del secolo scorso che ha cancellato gran parte del sistema biologico e degli equilibri dell’ecosistema fiume. La scomparsa della vegetazione riparia, la tendenza alla rimozione delle asperità del fondo hanno come unica conseguenza l’aumento della velocità e della devastazione del fiume. Cito due episodi accaduti di recente in Abruzzo come la piena del fiume Tasso a Scanno che ha provocato gravi danni: in questo caso stiamo parlando di un fiume tombato, totalmente cementificato e snaturato che si è ribellato alla sua prigione. C’è poi il caso del fiume Sangro a Villetta Barrea, anche lui esondato a seguito delle precipitazioni eccezionali, cementifcato negli anni Ottanta con costose opere ingegneristiche che hanno distrutto le sue sponde con ripercussioni negative sulla sua ecologia. E sono tantissimi i fiumi in Italia in queste condizioni che poi esplodono al primo al maltempo estremo. Quando sento parlare ancora oggi di “pulizia” dei fiumi capisco che è necessario lavorare molto sulla sensibilizzazione ambientale. Eliminare la fitocenosi in un fiume provoca gravi danni all’ambiente acquatico, con perdita di habitat e impoverimento della biodiversità animale e vegetale. Inoltre gli interventi di escavazione in alveo con opere di regimentazione non risolvono affatto il problema delle esondazioni ma le peggiorano. I boschi ripariali sono argini naturali contro le esondazioni, una fascia tampone che permette al fiume di calmare la sua forza ed evitare l’esondazione. Un fiume che evolve verso uno stato naturalistico è molto più resiliente di un corso d’acqua cementificato o demolito dalle ruspe. Per fortuna alcune regioni italiane come il Trentino hanno recuperato i fiumi a livello naturalistico, decementificando gli alvei e ricostruendo gli ecosistemi. Tuttavia la battaglia è ancora lunga e i repentini cambiamenti climatici ci impongono una maggiore attenzione al restauro degli ecosistemi fluvali. Il futuro è quello della ingegneria naturalistica e della rinaturalizzazione evitando l’intervento di ruspe che possano alterare i fiumi e provocare degrado fisico ambientale.
I fiumi sono ecosistemi complessi e meravigliosi. Come vanno curati e come possiamo evitare le situazioni di degrado?
La migliore cura dei fiumi e toccarli il meno possibile, evitando qualsiasi azione di degrado antropico che possa ridurre le capacità di resilienza. Lasciare intatti i boschi ripariali e la vegetazione fluviale che è importantissima come fascia tampone per evitare erosione degli alvei. Preservare i valori paesaggistici dell’ambiente fluviali e delle comunità vegetali e animali presenti. L’ecosistema fluviale va conosciuto e va studiato nei suoi molteplici aspetti con l’ausilio di esperti e professionisti dell’idrobiologia.
Abbiamo visto che il restauro di un fiume è possibile. Quali sono le azioni per recuperare totalmente questi ecosistemi?
La decementificazione dei fiumi è la prima fase di questo processo di restauro del paesaggio fluviale. Eliminare totalmente gli interventi di canalizzazione, regimazione e cementificazione che devastano l’ecosistema fluviale. Proprio nel 2017 a Scontrone, in provincia dell’Aquila, si è proceduto alla decementificazione di un grande tratto del fiume Sangro. Quest’operazione è stata fatta grazie alla lungimiranza e professionalità del Sindaco di Scontrone Ileana Schipani. Il cemento, che aveva soffocato il fiume Sangro, è stato pian piano eliminato per far respirare l’habitat fluviale. Ma questo è solo il primo stadio di un lungo processo a cui è necessario seguano interventi molto specialistici che devono rispettare il valore paesaggistico del fiume e la ricostruzione graduale delle comunità vegetali e animali.
I cambiamenti climatici stanno provocando fenomeni meteorologici estremi con precipitazioni ormai al di sopra della norma? Come possiamo combinare la tutela degli habitat fluviali con la sicurezza di città, ponti, strade e cittadini?
Il fenomeno dei cambiamenti climatici è ormai su scala planetaria e bisogna fare i conti con questa situazione. Maggiore sarà la resilienza degli ecosistemi fluviali maggiore sarà la capacità di un fiume a resistere a precipitazioni al di sopra della norma. Come aumentare la resilienza di un fiume? Eliminando ogni opera in cemento, ogni regimentazione, ricostruire i boschi ripariali e conservare e valorizzare quelli già esistenti. Creare aree golenali per smorzare le piene. In tanti dicono che la vegetazione lungo i fiumi va tagliata o ridotta, in realtà è la salvezza nei momenti di piena.
Qual’è il futuro dei fiumi in Italia nell’epoca dei cambiamenti climatici?
E’ auspicabile che cambi radicalmente l’approccio verso l’ecosistema fluviale ed il suo habitat. La necessità di cambiamento rispetto alle normali modalità di azione rispetto alle opere tradizionali di difesa alluvioni ( confinamenti e canalizzazioni corsi d’acqua, opere idrauliche, arresto della dinamica morfologica) e l’importanza della rinaturalizzazione dei corsi d’acqua sono riconosciuti dalla Direttiva Alluvioni (2007/60/CE).
Tale direttiva chiede di mettere in atto tutte le sinergie possibili tra obiettivi di qualità ecologica dei fiumi e riduzione del rischio idraulico applicando un approccio mirato a dare “più spazio ai fiumi”.
Tale Direttiva afferma che i Piani di Gestione del Rischio di alluvioni “al fine di conferire maggiore spazio ai fiumi” dovrebbero comprendere, ovunque possibile “il mantenimento e/o il ripristino delle pianure alluvionali”, ovvero interventi di riqualificazione morfologica.
Concludo con un’espressione di Franco Arminio: “Curiamo la natura o l’allerta meteo non servirà mai a nulla”…
Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio Onlus
https://www.giornaledimontesilvano.com/attualita/disastri-ambientali-rispettare-i-fiumi-lo-dice-l-idrobiologa-di-felice
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