Il grande Kaki di Pomarolo (TN) sulla Valle dell’Adige. 

Il grande Kaki di Pomarolo (TN) sulla Valle dell’Adige. 
Una nuova specie che entra ad arricchire la lista degli alberi monumentali d’Italia.

 

 

Spesso chi è interessato ai grandi alberi sente parlare solo di querce, platani, cipressi o faggi, questo poiché sono le specie sicuramente più rappresentative del nostro territorio nazionale, cioè quelle più diffuse. Ma quando gli alberi monumentali sono specie più desuete o che siamo abituati a vedere come piante solitamente piccole non possiamo che rimanerne ancor più ammirati.

Questo è il caso del caco, fin ora grande sconosciuto, che finalmente può arricchire il numero di specie nella lista degli alberi vetusti in Italia. Nonché esso arricchisce di curiosità anche gli itinerari dei turisti dell’albero o dei visitatori del Trentino. Trovandomi per lavoro in Trentino Alto-Adige, in qualità di botanico, ricercatore universitario, mi imbattei in un albero di cachi che subito catturò la mia attenzione per la sua maestosità e dimensioni (chioma, altezza e circonferenza del fusto). Ma come spesso mi accade senza farvi fotografie al primo incontro. Seppure mi batto molto per la loro salvaguardia e per il loro censimento, di tempo ne ho sempre meno e anche di energie. Sono un po’ stufo del “mondo” dei cercatori di alberi, dai quali mi sono un po’ allontanato e molto modestamente, senza alcuna pretesa, sempre più spesso lascio a me e gli amici il piacere dell’incontro con questi monumenti naturali, talvolta sconosciuti.

Quando mi muovo scruto sempre il paesaggio alla ricerca di grandi alberi, di bei boschi giudicando molto il paesaggio. Per pura coincidenza, due giorni dopo l’incontro con il caco, l’amico Alessandro Ghezzer mi porta a conoscenza di un articolo su un giornale locale, a nome di Tommaso Gasperotti, che parlava di quel caco. Ma era proprio lui! Allora non mi sbagliavo! Non lo sopravvalutavo affatto! Così, proprio per questa particolarità ed eccezionalità, venni spinto da Alessandro e da vari cultori come Andrea Gulminelli, Biagio Travaglia Ciciriello ed Alberto Colazilli che mi incalzavano dalle varie parti d’Italia, curioso di saperne di più. Allora mi recai nuovamente sul posto, appositamente per scattare delle foto per i miei amici e preziosi consiglieri, che volevano saperne di più, nonché per chiunque volesse goderne. E quindi mi trovo a scrivere questo articolo.

 

 

Il caco in questione, si trova nel paese di Pomarolo (TN) vicino Rovereto. Esso sorprende subito nella sua veste autunnale/invernale pieno di grossi e colorati frutti, che lo adornano meglio di un albero di natale. Una vera pennellata per il già ridente paese. La cosa che meraviglia di più è il portamento e l’altezza, un albero longilineo non distorto dalle classiche capitozzature, nonostante sia un albero da frutta e si sa che “la frutta alta, rimane intatta”. Per questo motivo i contadini difficilmente lasciano alla libera crescita gli alberi da frutta.
Sul giornale locale si leggono varie notizie sulle persone della famiglia custode, da chi lo ha piantato fino ad oggi, si legge che questo albero ha 130 anni e che è giustamente sia il caco più antico della regione, importato dall’Olanda prima della grande guerra, quando quei territori erano ancora sotto la dominazione austroungarica. Ma non si vedono le misure. La pianta vegeta in un tipico orto chiuso, una chicca anch’esso, molto ben conservato, recintato con mura di pietra alte circa un metro e mezzo.

Nel giornale non vengono riportate le misure e non è possibile misurare la pianta senza essere accompagnati dai proprietari, come è giusto che sia. Le misure quindi fatte ad occhio e a distanza non troppo ravvicinata, sono comunque straordinarie e possono darci una buona idea del fenomeno dendrologico in essere: un fusto di almeno due metri di circonferenza, una chioma dal diametro di 8 metri e un altezza di almeno 15 metri. Spicca inoltre la grande capacità di crescita, che evidentemente mostra come la zona sia adatta alla vita di tale albero.

D’altra parte anche se i numeri possano non sembrare così altisonanti, se paragonati ad altre specie più comuni, non bisogna farsi trarre in inganno: non si può confondere l’accrescimento di un kako con una roverella o con un pioppo o una sequoia. Non tutti gli alberi crescono allo stesso modo ed il caco è una pianta che non cresce molto e non è comune da trovare con una chioma libera (naturale) e con oltre un secolo sulle spalle.

 

 

Esistono specie di cachi più tipicamente usate come ornamentali, con frutti piccoli, seppure eduli e specie usate per scopi alimentari con frutti grandi. Ma nel giornale non si faceva menzione neanche della specie, che si è fatto presto nel determinare: un Diospyros Kaki, un caco da frutta, cosiddetto cachi tipo, seppure ne esistano tante cultivars. I frutti di questa pianta è bene farli ammezzire, ossia stramaturare per renderli più palatabili. Come tutti sanno infatti questa sovrammaturazione li rende più serbevoli e da turgidi diventano più morbidi. Pochi invece sanno che anche una grande e notissima azienda vivaistica di Milano in quegli anni fu tra i primi ad importare in Europa, dal lontano Giappone, i cachi o kaki, qual dir si voglia, la cui diffusione fu immediata e anche l’apprezzamento: è del 1888 infatti una lettera del Maestro Giuseppe Verdi indirizzata a tale azienda, con la quale li ringraziava per l’invio di alcuni frutti ottenuti dalle prime piante prodotte nel vivaio. Spero che Alessandro possa inserire anche l’articolo a corredo, così da avere più completezza possibile.

Questo albero è una vera chicca, per un territorio, molto ricco di pregi; nella zona si mangia bene, si beve ottimo vino e si producono famose mele, ma come non pensare anche alla vicina pineta storica eliminata a Rovereto o di come il territorio sulla Valle dell’Adige si stia sempre più consumando per l’impianto di nuovi vigneti, meleti, cave e cemento dilagante, quasi sempre a discapito dei boschi ed uniformando troppo il paesaggio?

 Kevin Cianfaglione

Foto di Karina Piermarteri e Kevin Cianfaglione

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