La grande quercia di Cagnano Amiterno AQ

Uno straordinario incontro con uno

dei patriarchi verdi più belli d’Abruzzo

 

In una tiepida giornata primaverile, arriviamo a Cagnano Amiterno : è un picco- lo borgo di case immerse in un territorio ricco di boschi e di vedute panoramiche che mantiene intatte ancora quelle bel- lezze di campagna e quel silenzio parti- colare che purifica lo spirito. Siamo di fronte a un paesaggio ricco di bellezze naturalistiche poco conosciute e di ame- nità che si mostrano repentinamente: è sufficiente avere la pazienza di indagare, ascoltando i racconti della gente locale. A Cagnano Amiterno, per la precisione nella località Corruccioni, si trova uno straordinario monumento naturale d’Abruzzo: si tratta di un albero di dimensioni incredibili chiamato dai locali “Cerqua di Zi Cò”, annoverata tra le Roverelle più grandi d’Italia. Secondo le storie dei locali il suo particolare nome deriverebbe dal proprietario, tale “Zi Cosimo”, un contadino che curava e amava tantissimo la Quercia: pertanto la quercia rappresenta un simbolo di quel rapporto unico e insostituibile tra Uomo e Albero, che purtroppo sembra essere diventato quasi una leggenda di altri tempi.
Percorriamo in religioso silenzio il sen- tiero che conduce alla quercia: nell’aria una pace ascetica. Improvvisamente appare maestoso il grande albero, circon- dato da un sipario di vegetazione. Al suo cospetto un senso di riverenza ci impone assoluto silenzio, come accade a chi si trova in presenza di un saggio anziano. E così entriamo in “panica” sintonia con la quercia: una profonda energia pervade i nostri sensi e la nostra mente. Un repentino senso di pace e,
contestualmente di gioia, ci assale ed una forza misteriosa ci spinge ad avvicinarci all’albero e ad abbracciarlo, consapevoli che creature come queste sono di certo maestose ma così tanto fragili e indifese di fronte all’inconsapevolezza degli uomini.
Col passare dei secoli la quercia è diven- tata un grande ecosistema: la corteccia ruvida pullula di licheni, muschi, insetti ed altri animaletti, i rami ricurvi con la loro chioma verdeggiante ospitano tante specie di uccelli. E anche il tronco, con la sua straordinaria forma forgiata dal tempo e dagli elementi, è una grande casa per gli esseri viventi.
Il Quercus pubescens ha una dimensione di oltre 7,00 metri di circonferenza e in un remoto passato è stata squarciata da un fulmine o da una violento temporale che ne ha eliminato la parte rivolta verso il sentiero. Le solide contrafforti che testimoniano come l’albero abbia superato egregiamente il duro colpo, hanno creato una particolare nicchia dove si può sostare ed essere in comunione con le energie arboree. Proprio questo squarcio ci dimostra quanto sia straordinaria la resilienza degli alberi, la capacità di adattarsi a condizioni estreme e difficili. Un albero pluricentenario, forse 400 o 500 anni, alcuni addirittura gli hanno attribuito 1000 anni di età: tuttavia è im- possibile stabilire la sua età con certezza, senza strumentazione adeguata e senza un’indagine scientifica. E’ comunque l’albero delle leggende e la sua maesto- sità e la sua storia possono diventare un alto insegnamento per tutti. Tali patriar- chi della natura come questo sono una ricchezza inestimabile del territorio: centri di energia benefica sono il luogo in cui Madre Terra sprigiona un misterioso elettromagnetismo, dando alla mente e allo spirito momenti di alta elevazione artistica e poetica. Ecco, questo è forse il messaggio profondo dei grandi alberi: migliorare la vita degli uomini. Ma la fragilità di questi alberi monumentali ci deve imporre di proteggerli nel migliore dei modi, evitando di trasformarli in fenomeni da baraccone per il turismo di massa usa e getta che può danneggiarli, con gruppi di escursionisti poco rispettosi che non ne comprendono la grandezza e non sanno apprezzarli.Noi abbiamo vissuto la grande “Cerqua di Zi Cò” nell’essenza del suo spirito, scoprendo un posto
magico e unico che ci ha mostrato il vero senso della vita, cambiandoci decisamente in meglio nel corpo e nell’anima.

 

Alberto Colazilli e Piera Lisa Di Felice

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